La nuova vita di David Guetta | Rolling Stone Italia
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La nuova vita di David Guetta

Pensate di conoscerlo perché avete sentito "I Gotta Feeling"? La fate troppo facile. Intervista a un dj che è in consolle da 30 anni, grazie ai Daft Punk

Mentre mangia del sushi nell’ufficio della Atlantic Records a Manhattan, David Guetta non potrebbe essere più entusiasta: 30 anni dopo aver iniziato a fare il dj nelle discoteche e cinque anni dopo aver portato una boccata d’ossigeno innovando la musica pop con delle hit EDM (Electronic dance music) come I Gotta Feeling e Sexy Bitch, il dj 47enne ha bloccato la produzione del suo ultimo album, Listen, in modo da poter inserire un’ultima canzone – una ballad. «È una sorta di dichiarazione», afferma orgoglioso il dj francese, che indossa per l’occasione un gilet di pelle ricoperto da cerniere lampo. «Un dj compone una ballad è qualcosa di atipico, sorprendente».

Dopo tre anni di lavoro, parecchie revisioni e il noto divorzio da Cathy, sua moglie e partner in affari, Guetta sostiene di aver voluto realizzare l’album più introspettivo – probabilmente il primo – di tutta la sua carriera, partendo da «alcune vicende personali» e trasformandole in canzoni. Durante il pranzo, si è confidato parlando di questa nuova ed inaspettata direzione, spiegando la crisi esistenziale a cui ha portato, e ha raccontato di come i Daft Punk gli abbiano fatto fare il primo disco.

Ho fermato il disco per inserire un’ultima canzone: una ballad.

Com’è cambiato l’album in questi tre anni? Il prodotto finale rappresenta esattamente il disco che volevi fare?
Certo. La ragione per cui mi ci è voluto così tanto tempo è che volevo realizzare qualcosa che non era ancora stato fatto e avevo bisogno di reinventarmi. One Love mi ha reso famoso per quel mix di urban e dance che, in quel periodo, era un sound innovativo ma ora non è più così. Volevo davvero fare qualcos’altro e stavo vivendo un momento un po’ strano, sia nella mia vita che dal punto di vista professionale, in cui mi chiedevo: Che vita desidero? Voglio davvero vincere facile, usare nella mia musica sempre la stessa formula e pensare «ok, sono il numero uno nel mio mestiere»? E stare attento a cosa piace alle generazioni più giovani? No, non è così che voglio vivere.

Quando sei il numero uno, cosa si prova oltre alla paura di non avere più successo?
Non ho mai voluto sentirmi così, quindi ho pensato che il modo migliore per evitarlo sarebbe stato ricominciare a scavare. Fino ad oggi, ho sempre iniziato dal beat e dopo ci scrivevo sopra la canzone. Stavolta, ho iniziato con piano, voce e chitarra, attorno ai quali ho costruito il resto del brano. Ho cambiato tutto, dal modo di lavorare allo staff che mi circondava. Tutto ciò mi ha portato qui con te a fare questa intervista e non posso che esserne felice.

Mi chiedevo: Che vita desidero? Voglio davvero usare sempre la stessa formula e pensare «ok, sono il numero uno nel mio mestiere»? No.

Cos’hai imparato da questo nuovo modo di scrivere?
Ho passato molto, molto tempo a scrivere canzoni. Penso che questo sia il mio album più personale. Prima facevo pezzi che parlavano di felicità, amore, attrazione e divertimento – fondamentalmente, tutte le cose a cui ruotava attorno la mia esistenza all’epoca. Ultimamente,la mia vita è stata un po’ più complicata e si sente anche ascoltando l’album, nei testi delle canzoni e negli accordi che ho usato. È una cosa che non avevo mai fatto, perché prima, per me, quello che contava davvero era far ballare la gente.

David Guetta – Un party 424 metri sotto il livello del mare:

David Guetta - A Party 424 Meters Under the Sea

Questo nuovo sound riguarderà anche i tuoi live o suonerai dei mix che ti consentiranno di riproporre l’atmosfera a cui siamo abituati?
Questo album sarebbe spettacolare suonato dal vivo con una band, ma non è quello che intendo fare. So come si sta alla consolle e penso che ci siano parecchie persone molto più brave di me quando si tratta di suonare dal vivo, quindi non voglio entrare in competizione con grandissime rock band che sanno suonare meglio di me. Perché fare qualcosa di mediocre quando sono molto bravo in quello che faccio? Ho passato tutta la vita a fare in modo che i dj potessero essere rispettati come gli altri musicisti quindi, adesso che ho successo, non dirò: «Sono famoso, smetto di fare il dj».

Com’è cambiato l’atteggiamento del pubblico verso i dj rispetto a quando hai iniziato?
Ho iniziato a stare alla consolle ben prima dell’avvento della house music. Mettevo dischi funk, disco e new wave. Ero uno dei dj più indie in circolazione, ma nessuno conosceva il nome del dj in discoteca. Non esisteva nemmeno il concetto di dj famoso, che facesse soldi. Nessuno di noi guadagnava. Mi sembrava sempre che la nostra musica non fosse rispettata come si deve e mi sono sempre mosso in modo per cambiare la situazione. Penso di far parte di un gruppo di persone che hanno innescato un cambiamento ma non avrei mai immaginato che avrebbe portato risultati del genere.

A quando ti riferisci? Stai parlando di quando eri ancora a Parigi?
Ho iniziato a suonare musica house nel 1988. Faccio il dj da quando avevo 17 anni, ovvero 30 anni fa. Per anni ho suonato solo in locali gay, perché la house era suonata solo in discoteche gay. Oggi sarebbe stranissimo, se ci pensi. Ricordo che alcuni cantanti urban, quando li invitavo, mi rispondevano: «Wow, sarebbe fantastico ma mi spiace, questa musica è così gay». E io pensavo «Stiamo scherzando???», perché in Europa non era così.

Vivevi ancora a Parigi quando i Daft Punk hanno sfondato?
A dire il vero, Thomas (Bangalter, dei Daft Punk, ndr) è la vera ragione per cui oggi sono qui. Facevo il dj e gestivo un locale a Parigi, il Queen, e mi venne in mente un’idea del tutto innovativa, ai tempi: invitare i dj. È una cosa che oggi è all’ordine del giorno, ma all’epoca era rivoluzionaria. Volevo invitare gente del calibro di Danny Tenaglia, Louie Vega e David Morales, Dj Pierre – e anche dj provenienti da Detroit. E Thomas e Guy-Manuel (dei Daft Punk, ndr) venivano sempre.

È successo che nel 2001 ho registrato un disco e ho chiesto «Thomas, posso farti sentire qualcosa?». Ero un suo grande fan. Ha ascoltato il mio materiale e ha esclamato: «Wow, è molto bello». Ha chiamato il presidente della Virgin in Francia – era la sua etichetta discografica – e gli ha detto: «Ehi, sono qui con un amico». Immagina che emozione, era come se fosse Dio a chiamare il presidente. È stato pazzesco, Thomas era l’artista più cool del mondo in quel periodo. La cosa comica è che non ho scritto musica per anni e quando ho ricominciato, dopo due giorni avevo già l’album. Grazie alla telefonata di Thomas, ho firmato subito il contratto.

David Guetta dal vivo all'Ushuaïa Beach Hotel di Ibiza

David Guetta dal vivo all’Ushuaïa Beach Hotel di Ibiza


Quando hai iniziato a orientarti verso il pop?

È successo tutto contemporaneamente. Stavo lavorando sul nuovo album, mi stavo esibendo in una discoteca e ho incontrato Kelly Rowland. Mi ha chiesto cosa stessi suonando e le ho detto che era la mia musica. Mi ha detto: «Wow, mi piace!», e ha aggiunto: «Posso provare a cantarci sopra qualcosa?». Non riuscivo a crederci – e così è nata When Love Takes Over.

Nella stessa settimana, mi è arrivato un sms da Will.I.Am che diceva: «Adoro Love is Gone. Puoi fare qualcosa del genere per me?»; e ho scritto I Gotta Feeling. Infine, stavo suonando When Love Takes Over, con Kelly a Londra, e Akon si sarebbe esibito subito dopo di me. Mi ha detto «ehi, amo la tua musica»; e ho risposto «allora lavoriamo insieme»; e la notte stessa abbiamo scritto Sexy Bitch.

Queste tre canzoni hanno visto la luce nello stesso mese. E credo che quello sia stato davvero un punto di svolta sia per la mia carriera sia per la musica pop in America che venne finalmente accettata nelle radio, cosa che prima di allora non accadeva, e ha aperto le porte a molti dj. Questa è stata una svolta professionale, come lo è stato anche Titanium. E ritengo che anche Dangerous possa rappresentare un cambiamento significativo, per la mia carriera.

Il video di “Dangerous”:

David Guetta - Dangerous (Official video) ft Sam Martin

Ti manca suonare ciò che facevi negli anni Novanta, musica funk o underground?
Sì, talvolta. Adesso suono in concerti o festival davvero molto importanti. È raro che mi esibisca per un pubblico di meno di 10,000 persone, ed è già difficile suonare in quei contesti la musica house, che attualmente è molto popolare. Quindi, ciò che suonavo prima non potrei suonarlo nei festival – non funzionerebbe.

Cosa stai ascoltando ultimamente?
Hozier, Take me to Church – mi piace davvero. E anche tutto il materiale di Sia. Ma quando sono a casa ascolto Marvin Gaye e Stevie Wonder.

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