Guarda in esclusiva ‘Golden Light’ dei Blonde Redhead | Rolling Stone Italia
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Guarda in esclusiva ‘Golden Light’ dei Blonde Redhead

In occasione dell'uscita del nuovo, bellissimo video della band newyorkese, abbiamo fatto due chiacchiere con Virgilio Villoresi, il regista che l'ha ideato

Virgilio Villoresi è un geniale regista italiano che da anni lavora con la tecnica dello stop-motion, un lavoro che prevede la dislocazione fisica degli oggetti nello spazio. Proprio grazie a questa peculiarità, negli ultimi tempi i suoi video sono diventati immediatamente riconoscibili, anche grazie a un’estetica assolutamente personale. Nel tempo, Virgilio ha prodotto video molto diversi tra loro, tra cui anche vari video musicali.

Ma quale band migliore dei Blonde Redhead con cui collaborare? Il lavoro che segna il ritorno del gruppo newyorkese accoglie il suono portato in scena durante l’ultimo tour, dove i gemelli italiani Amedeo e Simone Pace e la cantante giapponese Kazu Makino hanno presentato anche i primi due singoli del nuovo Ep: 3 O’Clock e, appunto, Golden Light. «Credo che gli archi e i fiati possano dare alla musica qualcosa in più, come accade per le colonne sonore – ha detto Amedeo parlando dell’ultima fatica – e sicuramente avere sul palco un quartetto d’archi durante l’ultimo tour ha influenzato l’arrangiamento dei nuovi brani».

«Durante le ultime date live abbiamo suonato alcuni dei nuovi brani ed eseguendoli dal vivo, abbiamo sentito il bisogno di aggiungere alcuni piccoli ritocchi nell’arrangiamento: è da lì che tutto è partito», aggiunge il chitarrista. «Ci siamo rintanati in una casa di campagna fuori New York, fuori dal caos della metropoli. Lì abbiamo iniziato a comporre ogni giorno per ore, ponendo le basi per questo Ep e sfornando anche tante buone idee su cui torneremo a lavorare presto».

Abbiamo colto la palla al balzo e abbiamo fatto un paio di domandine al regista del video, che in questo caso è anche il protagonista (si è proprio lui, il ragazzo che vedete sopra). Potevamo parlare dei suoi lavori, di Cocteau, di Buñuel, di Oskar Fischinger – oppure dei bellissimi video che ha prodotto per Valentino, Fendi, Trussardi e così via – ma dato che pensiamo che il suo lavoro parli senza bisogno di troppe introduzioni, guardate direttamente gli altri suoi lavori qui.

Com’è nata l’idea per il video di Golden Light?
La parte narrativa è totalmente autobiografica, ho raccontato un periodo della mia vita filtrato dalla mia immaginazione. Invece, per quanto riguarda gli effetti speciali, erano già un po’ di anni che volevo sperimentare la tecnica RGB. L’ho scoperta attraverso delle cartoline vittoriane e me ne sono invaghito da subito.

Lavori in modo diverso quando giri un video musicale rispetto a quando dirigi un commercial?
Si, ho più libertà creativa, meno responsabilità e meno zavorre legate a fissazioni di marketing o altro. Tratto i videoclip come se fossero dei cortometraggi e posso esprimere la mia fantasia al meglio rispetto ai lavori più commerciali.

Come mai, nel 2017, hai scelto di lavorare ancora con le mani e non con gli effetti speciali digitali?
Perché credo che la magia vera dei trucchi vada fatta sul set e non al computer. Non so spiegarti bene il perché, ma personalmente percepisco una sorta di aurea, di sintesi alchemica, quando ricreo l’effetto sul set rispetto agli algoritmi digitali.

Che ruolo ha la musica nei tuoi video?
Riformulerei la domanda al contrario e mi chiederei che ruolo hanno i miei video nella musica. Perché, già nella fase creativa, cerco di abbandonarmi alla traccia sonora e le mie idee dipendono totalmente dal ritmo e dall’atmosfera che riesce ad evocare il brano musicale.

Com’è stato lavorare con i Blonde Redhead? Avete sviluppato il video insieme oppure, da regista quale sei, hai voluto fare tutto da solo?
In realtà ho fatto tutto da solo, in questo senso si sono fidati molto e per me è stato un onore. Ascolto i Blonde Redhead da sempre e sentivo molta pressione perché volevo realizzare il video al meglio. Spero di esserci riuscito.

Qual’è il tuo video musicale preferito di sempre?
“Puce Moment” di Kenneth Anger.

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