Fatboy Slim, la consapevolezza di essere insostituibile – come i parrucchieri | Rolling Stone Italia
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Fatboy Slim, la consapevolezza di essere insostituibile – come i parrucchieri

Sono 20 anni di carriera per Norman Cook, che sembra prendersi lunghe pause tra un disco e l'altro, ma in realtà non sta mai fermo, perché la gente ha bisogno di DJ.

Fatboy Slim al Samsung S7 Show, foto Alessandro Bianchi

Fatboy Slim al Samsung S7 Show, foto Alessandro Bianchi

Nel 1998, nonostante dovessi ancora aspettare le paghette per poter comprare qualche disco, i miei acquisti furono numerosi. Quell’anno uscirono, tra gli altri, Moon Safari degli Air, Mezzanine dei Massive Attack e You’ve Come a Long Way, Baby di Fatboy Slim. Mentre i primi due rappresentavano quello che mi piaceva ascoltare con le cuffiette verso sera, il disco di Fatboy Slim era una bomba atomica zeppa di inni da club diventati pop music in un secondo. Una piccola rivoluzione, la consacrazione del “big beat”, come lo chiamavano allora. O “quella roba lì”, come la liquidavano i miei genitori, intimandomi di “abbassare” (definizione affibbiata anche ai Daft Punk di Discovery, dell’anno precedente). Ai tempi, Norman Cook non era già più un ragazzino, aveva 35 anni. Il suo esordio come Fatboy Slim era stato nel 1996, con Better Living Through Chemistry. E da quel momento in poi, assieme a gente come Groove Armada, Chemical Brothers e, in modo diverso, i Prodigy, arrivò a scrivere e riscrivere pagine intere di elettronica. Contribuendo a portarla in luoghi difficilissimi da raggiungere: le classifiche. Lo abbiamo incontrato per fare il punto sulla sua carriera.

Quindi, facendo i conti sono 20 anni di Fatboy Slim…
Sì, e sono anche 30 anni di carriera da musicista! Non ci avrei mai scommesso… Non avrei pensato di durare più di cinque anni con questo lavoro, e chiaramente non avrei mai pensato che Fatboy Slim potesse durare così tanto. Quando è nato, era un personaggio distruttivo, irresponsabile e ubriaco. Diciamo che il fatto che io sia ancora vivo è un miracolo, fisicamente parlando! (Ride). Ho avuto tanti nomi, tanti progetti, ma non pensavo fosse proprio il mio Fatboy quello che mi sarei portato dietro fino ad adesso. Ma è anche il mio preferito, quindi sono contento così.

Senza mai smettere di avere successo in ogni angolo del mondo. Come ti senti pensando a tanti dj di oggi, che durano un’estate e poi spariscono improvvisamente?
È incredibile! Ci mettono meno delle boyband! Penso che quelli della mia generazione non abbiano un limite d’età. Mi riferisco a Carl Cox, a Pete Tong, a Paul Oakenfold… Potremmo fare questo lavoro per sempre! Sono molto felice di questa possibilità. Realisticamente, arriverà il momento in cui finirà però…

Hai idea di quando sarà?
No! Ogni volta che qualcuno me lo chiede gli rispondo che sarà tra una decina di anni. Ma lo dico da più di dieci anni…

Hai citato altri esempi di grandi dj inglesi. Secondo te l’Inghilterra è ancora la nazione da prendere come riferimento per la musica in Europa?
Ti dirò, siamo sempre stati molto bravi ad adattare la musica degli altri. In fondo, anche con i Beatles è andata così: hanno preso il rythm&blues, lo hanno rimescolato e poi lo hanno rivenduto agli Stati Uniti. Io ho imparato tutto da gente come Grandmaster Flash, da Frankie Knuckles, ad esempio. L’Inghilterra è una sorta di stazione per la musica. È il posto dove fermarsi, cambiare un po’ e ripartire.

Uno dei trucchi, forse, per essere così longevo è prendersi delle pause. Tu, per esempio, sei uno che fa passare molto tempo tra una pubblicazione e l’altra.
Sì, ma non sono mai fermo. Se perdo il ritmo alla mia età sono finito! Mi prendo al massimo sei mesi di pausa vera, ma in realtà, se non sono in studio, sono in giro a suonare, oppure a lavorare ad altri progetti. Se parli di pausa discografica ti do ragione, ma è da un po’ che non faccio delle vacanze vere.

Ricordo i tuoi primi video: erano sempre iper creativi. Penso alla teoria dell’evoluzione in Right Here, Right Now, al lavoro di Spike Jonze su Praise You… Avrebbe ancora valore per te lavorare in questo senso?
No, non direi. Credo che oggi sia necessario essere virali. La viralità ha rimpiazzato MTV, quella generazione lì non c’è più. Adesso trasmettono solo reality! Penso che Internet abbia ucciso qualcosa e che abbia cambiato altro. Ma per fortuna io faccio il dj…

Cioè?
C’è ancora bisogno di me! La gente ha bisogno di noi! (Ride) Per uscire, per passare una serata e divertirsi. Non possono sostituirci. Né noi, né i parrucchieri. Hai mai scaricato un taglio di capelli nuovo?

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