Corey Taylor: «Non potete essere tutti alternativi. Teste di cazzo» | Rolling Stone Italia
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Corey Taylor: «Non potete essere tutti alternativi. Teste di cazzo»

Il cantante degli Slipknot ci ha raccontato com'è fare il papà e come ha fatto a trasformare i suoi problemi di ansia in 'Hydrograd', il nuovo disco degli Stone Sour

corey taylor intervista

Corey Taylor vive pericolosamente anche lontano dal palco. Il cantante di Slipknot e Stone Sour ha risposto alle mie domande al telefono, mentre guidava. «Argh! Questo stronzo! Questa testa di cazzo non si leva dalle palle», grida a qualcuno mentre parla. Poi si calma: «Guido molto veloce, non importa dove sono. E questo stronzo continua a rispettare i limiti di velocità», dice. «Insomma, me la sto vedendo con questo tipo, lo so che ho torto». Quando gli dico di non rimetterci la pelle, mi risponde: «Farò del mio meglio. Non prometto niente».

È così che vive l’ormai 45enne Taylor: negli ultimi anni si è tolto la maschera ed è diventato uno scrittore (il suo prossimo libro, dedicato a Trump e all’America, uscirà prossimamente). Gli Slipknot sono in pausa dall’anno scorso e non si sa per quanto andranno avanti, per questo Taylor ha deciso di concentrarsi su Hydrograd, l’ultimo album degli Stone Sour. «Abbiamo pensato: “Vaffanculo, questo disco è la nostra priorità”», dice. «Normalmente cerchiamo di incastrare tutto con gli impegni degli Slipknot… in passato abbiamo un po’ trascurato i nostri dischi per colpa di questo casino. Stavolta ci siamo impegnati, è un disco così pazzesco che nessuno potrà ignorarlo. C’è tutto quello che mi piace di questa band».

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Corey Taylor durante il suo tour solista. Foto via Facebook

La voce di Taylor è, come al solito, uno dei punti di forza dell’album: qui canta di tv spazzatura (Fabuless), di amore (Song #3) e della sua ansia (Taipei Personality/Allah Tea), sempre accompagnato da quell’hard-rock, stavolta un po’ più radiofonico degli Slipknot, che caratterizza gli Stone Sour. Nel corso dell’intervista ha detto “cazzo” 131 volte e “merda” 37, se l’è presa con i finti alternativi e persino con le Kardashian. Taylor riesce a essere sia incazzato che introspettivo e, come mi ha spiegato, è così che vive in questo periodo.

L’album si apre con uno strumentale, YSIF, seguito da Taipei Personality / Allah Tea, un brano con un testo interessante. Un verso dice: “mellow-traumatic like a Ponzi scheme”, come nasce una canzone così?
(Ride) Quello è un pezzo che parla sia del passato che del futuro. Cazzo, parla di come bisogna guardare avanti. Il significato è nascosto nel titolo, io ho una cazzo di personalità di “tipo A” (chi è particolarmente ambizioso e ansioso, ndr), non c’è niente da ridere. E si, in alcuni momenti sono molto timido, in altri non riesco a calmarmi. Questo è un pezzo per chi cerca un suo equilibrio e anche per chi ha bisogno di lasciarsi andare completamente.

E poi come fai a calmarti di nuovo?
Quando non suono sono me stesso. Faccio il papà, ogni tanto mi metto persino a cucinare. Sono un padre insolito, ma non ci posso fare niente. Purtroppo sono molto assente, ma i miei figli non sono schizzati, quindi meglio così. Mio figlio ha appena avuto il suo primo appuntamento, ma la ragazza non si è presentata. Stiamo cercando di capire perché, in realtà a lui non frega un cazzo. Non me l’aveva nemmeno detto! L’unica cosa che mi preoccuperebbe sarebbe saperlo invischiato in qualche rissa: se ha preso da suo padre non sarebbe una buona idea. Le Taylor-emotions ti possono fottere.

E tu come gestisci le Taylor-emotions?
Beh ho fondato due band, scritto un libro e organizzato un cazzo di programma radiofonico, sopravvivo così. E sì, nonostante tutto perdo ancora il controllo… Però mi tengo in salute. Faccio esercizio, sto provando a eliminare tutte le cose negative della mia vita, a concentrarmi su quello che conta davvero: i miei figli, la mia carriera, la mia creatività. Voglio essere in salute per continuare a fare queste cose a lungo. Forse è questo che mi tiene a bada. Ma non funziona sempre. Ho queste crisi depressive, roba difficile da gestire. Io sono un tossico, quindi cerco di evitare i farmaci: mi conosco, so come andrebbe a finire. Per questo cerco di gestire tutto nella maniera più naturale possibile, so che suona come una cosa da hippy, ma chi è come me deve trovare alternative. E sono anche in terapia.

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Corey Taylor durante il suo tour solista. Foto via Facebook

In TV hai parlato dei tuoi pensieri suicidi e della violenza sessuale che hai subito quando avevi 10 anni. Come hai fatto a trovare la forza di affrontare quei ricordi in pubblico?
Ci sono riuscito grazie a due cose. La prima è che è passato abbastanza tempo, e ne avevo già parlato parecchie volte. È tutto nel mio primo libro, ma capisco che ci sia una differenza tra leggere e ascoltare. Poi c’è anche la terapia… sono riuscito a convivere con queste cose, non mi definiscono più. La seconda è che ho una responsabilità. Che mi piaccia o meno, la gente mi sta a sentire. E se posso fare qualcosa per dare una mano… beh, lo farò. Ho fatto quella cosa in tv per dimostrare a tutti che non c’è niente di male a parlare di quella merda, non è sbagliato parlare dei propri traumi con qualcuno. Volevo dimostrare che è ok essere incasinati, l’importante è chiedere aiuto.

E l’hai fatto parlando di cose difficili
Certo che è difficile. Non è bello parlarne, ma non mi imbarazza. Se mi imbarazzasse gli darei troppa importanza.

Molti dei testi che hai scritto per Hydrograd sono personali. In Mercy canti: “I ran away when i was 15 / i was dead by 17”. Certo, non sei morto, ma…
Ci sono andato vicino. Mi sono svegliato in un cassonetto. La gente che era con me quella sera pensava che fossi morto e mi ha lasciato lì. È stato un momento molto importante per me: uscendo da quel cassonetto ho capito che dovevo affrontare i miei problemi. Ci ho messo 10 anni, ma è lì che ho visto l’abisso che ho dentro. Quella è una canzone autobiografica.

È stato difficile parlarne in un testo?
No, davvero. Odio le bugie, e sono davvero incapace a dirle. Chiedi alla mia ex-moglie, sono un pessimo bugiardo. E poi la verità è fottutamente più interessante.

Anche Song #3 è molto personale. Perché hai scritto una canzone d’amore così?
Oggi si scrivono solo due tipi di canzoni d’amore: “Oh, ti voglio così tanto” e “Oh, ti scopo su un autobus”. Secondo me è una merda, Song #3 è una specie di terza via, una cosa tipo: “Ti amo, ma contemporaneamente voglio tirarti per i capelli e fare di tutto”. È una via di mezzo di cui non parla nessuno.

Sembra quasi una relazione normale
Esattamente. Tutti raccontano di un amore da film. Sono tutte stronzate, devi vivere certe cose prima di poterne parlare.

Certo, non è proprio una tematica hard rock
Questo succede perché sono tutti dei fighetti, dude. E non c’entra niente con il termine hard rock. Sembra che nessuno voglia più stare in una band rock. Ma perché non si stanno un po’ zitti? Avete la faccia come il culo, rimettete i giocattoli a posto e fate le cose sul serio. Non possono essere tutti alternativi. Merda. Teste di cazzo (ride).

Fabuless, invece, è esattamente l’opposto. In quel pezzo canti: “Spread your legs for TV time / Baby, who fucks you best?” Di chi parli?
Finisce per “ardashian”. Sono loro che hanno lanciato il trend, tutti questi cazzo di programmi inutili, pieni di celebrità dei social: quella roba è peggio dei reality, sono degli stronzi famosi solo grazie ai follower. Ho sempre la stessa conversazione: “Perché sono famosi?” “Beh, va di moda seguirli”. “E perché li segui?” “Boh, non lo so”. “Beh, vaffanculo. Ma scherzi?”. Pensavo che non ci fosse niente di peggio dei reality show, e invece ecco questi stronzi dei social media. Frank Sinatra si rivolta nella tomba, mi viene sempre da pensare la stessa cosa: “Ma perché non vi ficcate tutto su per il culo? Cristo”.

Sembra che tu sia molto concentrato sugli Stone Sour. E gli Slipknot?
Nessuna novità. Stiamo tutti pensando ai nostri progetti personali. Clown farà un film, una figata. Jim si è dovuto di nuovo operare alla schiena, ma credo che tornerà a fare qualcosa con la musica. Non abbiamo fretta, non credo che faremo nulla per ancora due anni. È per questo che la gente impazzisce quando torniamo, gli diamo tempo per sentire la nostra mancanza.

Ci sono un sacco di artisti convinti di dover sfornare un disco dopo l’altro… hanno paura che il pubblico scappi via. Ma fateli scappare, cazzo! E poi dategli una ragione per tornare indietro. La nostra pausa non mi preoccupa, e se lo facesse avrei sbagliato mestiere.

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