Roma esplode di Street Art. L'itinerario perfetto per un weekend intensivo | Rolling Stone Italia
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Roma esplode di Street Art. L’itinerario perfetto per un weekend intensivo

Aspettando la personale di Banksy, attesa per il 24 maggio, vi abbiamo preparato un itinerario per consacrare Roma a Capitale internazionale della street art

William Kentridge, Triumphs and Laments - Foto di Sebastiano Luciano

William Kentridge, Triumphs and Laments - Foto di Sebastiano Luciano

Non sappiamo se la mostra di Banksy che aprirà il 24 maggio, sia da leggere come consacrazione di Roma a Capitale internazionale della street art. Fatto sta che in questi anni, come abbiamo scritto a più riprese, Roma si è inaspettatamente guadagnata un ruolo centrale. Voi direte: “finalmente chi governa la Città ne fa una giusta!”. Assolutamente no. L’unico motivo per cui nella Capitale si riescono a fare attività di Urban Art in modo continuativo e serio, è perché la politica romana non se ne è accorta. Quando capirà, se capirà, manderà tutto all’aria. Inizierà a speculare e la butterà in caciara, allora i veri artisti se ne andranno e la favola finirà. Non è una gufata, ma uno scongiuro scaramantico.

Torniamo a noi: aspettando la grande mostra di Banksy, che non mancheremo di raccontarvi nel dettaglio, Roma esplode di Street Art. Mostre, festival, eventi, nuovi muri ovunque in un itinerario emozionante che vale la pena di fare. Allora ci trasformiamo in agenzia del turismo e vi diciamo che questo è il momento giusto per farsi un giro tra musei e gallerie. Partiamo dal centro, dalla Galleria Varsi che sta a due passi da Campo dei Fiori. Fino al 3 giugno c’è la mostra dell’australiano Fintan Magee, un romanzo visivo che parla della sua infanzia e ci dice che è nell’esaltazione delle differenze che si manifestano le più alte qualità umane. Nelle sue opere, bambini di ogni parte del mondo si ritrovano insieme, impegnati a scappare dai problemi degli adulti che sono falsi problemi, perché creati su congetture assurde. A quel punto, dopo esservi fatti un’idea del suo lavoro in galleria, andate a Torrevecchia, in via Cristoforo Numai, a vedere il murales che proprio in queste ore sta creando per l’occasione. Rimarrete a bocca aperta e se siete fortunati lo vedrete al lavoro.

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A questo punto cambiamo quartiere e andiamo al Flaminio. Davanti a quel capolavoro contemporaneo che è il MAXXI (e perdere qualche minuto a contemplarlo, anche come omaggio alla meravigliosa Zaha Hadid appena scomparsa, non vi farà male) c’è l’ex Caserma di via Guido Reni, dove ogni anno va in scena il Festival OutDoor. Quello di questi giorni è solo un assaggio, un specie di “pregustativo” che non va perso. So che se sentite ancora parlare di quanto sia bravo un fotografo a “cogliere l’attimo” vi viene da vomitare, però la mostra In your face di Alex Fakso fa esattamente questo: ci racconta l’esatto momento in cui gli street artist si astraggono dal mondo per entrare nei muri, per confondersi con i mattoni e il cemento. Fakso più che un ritrattista è un fotografo di paesaggi metropolitani e gli scatti esposti in mostra sono una sorta di vocabolario per interpretare il fenomeno del writing. Inoltre, le fotografie sono così grosse che vi faranno sentire da un’altra parte. Bravissimo Fakso, sei riuscito a emozionarci. Dal 14 maggio arriveranno in questo spazio altre due mostre, una fotografica di Maurizio di Iorio e l’altra con i poster art di Federico Babina.

Le aspettiamo, ma nel frattempo continuiamo il nostro giro e andiamo al Pigneto, il cuore pulsante della street art a Roma. Per vedere qualche muro nuovo, dirigiamoci verso via Fanfulla, dove Alice Pasquini ha appena completato un meraviglioso muro dedicato a una fotografia di Gianni Berengo Gardin. Ora, Berango Gardin e Alice Pasquini sono a tutti gli effetti una coppia di fatto (ah Gianni, te piacerebbe eh?) dal punto di vista artistico: le loro opere si addentrano nel sentimento, sono così intime da creare in chi le guarda il desiderio di essere parte delle storie che raccontano. E vedere la reinterpretazione di quella famosissima fotografia di due innamorati su una panchina di Parigi, scattata decenni fa dal grande Maestro che sarà protagonista di un’importante esposizione personale a Palazzo delle Esposizioni a breve, è commovente.

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Però noi siamo dei duri, evitiamo di commuoverci e andiamo a vedere un altro muro realizzato da poco lì vicino. Per spostarvi dal Pigneto a Tor Pignattara, non perdete l’esperienza mistica di farlo con il trenino che attraversa la Casilina, che per condizioni di viaggio ricorda moltissimo la terza classe del Calcutta-Mumbai. Se siete sopravvissuti alla calca, andate a via Cencelli e troverete il muro della bravissima MP5, napoletana che sta scalando le vette internazionali con le sue creazioni dal sapore mitologico. Non sono, però, opere nelle quali va ricercata la traccia storica, ma piuttosto quella di un impegno “militante” e critico della società di oggi. Questo muro, in bianco e nero, vi lascerà col naso all’insù per un bel po’, ne siamo certi.
A pochi passi c’è la Wunderkammern (sono loro ad avere commissionato il muro di MP5), galleria che si è guadagnata un ruolo da protagonista in Italia grazie all’intelligenza dei suoi fondatori. Quando arriverete, se sarete fortunati incontrerete il direttore Giuseppe Pizzuto, che oltre al coraggio e all’intuito possiede una dote molto inusuale e strana nel mondo dell’arte contemporanea: è gentile. Voi approfittatene biecamente e costringetelo ad accompagnarvi nelle sale a vedere Crossing the Line, la mostra del giovane polacco Robert Proch. Il percorso è nel lessico della frammentazione umana e questo artista visionario vi farà piombare nel caos se osserverete con attenzione. Riprendetevi, perché non penserete mica che il giro sia finito.

Ci spostiamo verso il primo Museo Condominiale della storia. Avete capito bene: a Tor Marancia c’è un museo aperto h24, una manciata di palazzi realizzati da alcuni dei più bravi street artist del mondo su impulso dell’Associazione 999, che vanno a comporre una trama urbana spettacolare. Questa iniziativa ha dato nuova vita al quartiere, e gli abitanti sono così carini da tenere le finestre chiuse per poter permettere ai visitatori di godere delle opere complete e senza interruzioni strutturali. Il tour è finito, se siete riusciti a completarlo vi meritate 90 minuti di applausi e una bella birretta. Però, a berla dovete andare sul Lungotevere, all’altezza di Ponte Sisto. Sedetevi sulla sponda e guardate l’altro lato. Troverete la più grande opera pubblica mai realizzata in Italia, quella della super star sudafricana William Kentridge. Un’opera muraria lunga 500 metri e alta 10, creata sottraendo la patina di inquinamento dai muri, infatti è destinata a sparire entro 5 anni. «La mia speranza – ha detto Kentridge – è che mentre le persone si troveranno a camminare lungo questi 500 metri, possano riconoscere immagini di una storia familiare, ma anche reinterpretata. E questo rifletterà la maniera complessa nella quale la città si rappresenta…».
Verissimo, una sorte complessa e a tratti difficile quella di Roma. Però, che bella storia…