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Perché l’idea di Michele Serra di bandire le armi dai telefilm è (molto) pericolosa

Immagine da "Le Iene" di Quentin Tarantino

Immagine da "Le Iene" di Quentin Tarantino

Su La Repubblica di sabato scorso nella sua rubrica “L’Amaca” Michele Serra prova a far vacillare la stima che abbiamo per lui. In poche parole sembra sostenere che in qualche modo la cultura delle armi da fuoco, o meglio, il loro utilizzo sconsiderato, sia da addebitarsi almeno in parte alla massiccia presenza di sparatorie, cattivi, poliziotti e ammazzamenti assortiti nei telefilm americani. O che per lo meno tutto ciò abbia una connessione diretta con le orribili stragi di cui ciclicamente abbiamo notizia – dell’ultima, in una scuola in Oregon, avevo parlato qui. Ma, dice lui, non è una posizione “moralista”, è piuttosto dettata da “saturazione da piombo”.

Serra si spinge addirittura a proporre una moratoria dell’uso delle armi da fuoco nelle fiction. Sembra farlo scherzosamente, ma a questo punto il moralista lo faccio io e dico che su certe cose non si scherza. L’idea, oltre che superficiale, appare francamente illogica, nelle sue conseguenze. La prima implicazione è che ci siano aspetti della realtà (la violenza, il male) che dovrebbero essere estromessi dal racconto, non solo delle fiction – sarebbe un pensiero parziale oltre che erroneo – ma anche, vien da pensare seguendo il filo del suo discorso, dai videogame, dalle canzoni, dai libri, dai fumetti, dall’arte. Insomma, prendiamo un pezzo di realtà che non ci piace, che ci fa paura, che non siamo in grado di “combattere” e togliamola dal racconto della realtà. Una conclusione talmente assurda che non si può pensare di prendere in considerazione.

L’idea ha poi una storia recente piuttosto fitta: si va dalle accuse al povero Marilyn Manson (ricorderete il suo essere associato dai media alla strage di Columbine solo perché uno dei killer era un suo fan) fino alle varie “crociate” – così le chiamano i media – contro questo o quel videogioco, film, cartone animato. Ricordo quando, da piccolo, un ragazzino pensò di poter volare e si lanciò dalla finestra. Non ricordo nemmeno se accadde davvero. Ricordo però che ci fu chi pensò di vietare i fumetti e i cartoni animati dell’Uomo Ragno, di Superman e Batman. Per fortuna non è accaduto e noi ci siam potuti godere, in anni recenti, una produzione di qualità su gente che vola – da Batman a Spiderman, tutti protagonisti di ottimi film, con narrazioni piuttosto complesse.

Se poi facessimo l’esperimento mentale di rendere retroattiva la moratoria di Serra dovremmo cancellare dalla storia della cultura un po’ di cosette – roba da niente; da Mucchio selvaggio a tutta l’opera di Tarantino, per citarne due che vengono in mente subito.

Tuttavia l’idea più pericolosa che discende dal ragionamento di Serra è nota ed è sorprendente che, prima di cliccare su invio, Serra non si sia fermato un attimo a pensare alle conclusioni implicite nella sua argomentazione. La conclusione – inaccettabile, da ogni punto di vista – è quella che limitando l’immaginazione si possa addomesticare, o correggere una realtà che non ci piace. Nel secolo scorso ci hanno pensato in molti. Non è una idea che ha dato buoni frutti.

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