Ballottaggi: istruzioni per l’uso | Rolling Stone Italia
News

Ballottaggi: istruzioni per l’uso

Domenica si torna a votare in alcune delle maggiori città italiane per eleggere il sindaco. Equilibri politici che cambiano, nuovi nomi e vecchie glorie: ecco quello che c'è da sapere prima di andare alle urne

Ballottaggi: istruzioni per l’uso

Domenica 19 giugno si terranno i ballottaggi per scegliere il sindaco di alcune delle più importanti città italiane come Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna. Dal primo turno del 5 giugno, infatti, solo Cagliari (per citare i comuni di una certa dimensione) ha avuto esito certo nella conferma del sindaco uscente Massimo Zedda. L’atlante delle scelte in vista di domenica è molto ricco e complesso. Cerchiamo di vederci chiaro.

In tutti i ballottaggi, ad esclusione di Napoli, è presente un politico ascrivibile alla galassia del Partito Democratico. Il principale partito di governo ha subito una sconfitta simbolica al primo turno: non conferma sindaci uscenti molto forti (Piero Fassino a Torino, Virginio Merola a Bologna), non ribadisce al primo turno una positiva esperienza di governo (Beppe Sala come prosecuzione di Giuliano Pisapia a Milano), arriva al ballottaggio da sfidante sfavorito (Roberto Giachetti a Roma) o non ci arriva nemmeno perdendo la possibilità di giocarsi la città (Valeria Valente a Napoli).

Due città hanno una candidatura fortissima del Movimento 5 Stelle, ormai principale partito di opposizione. A Torino, con Chiara Appendino. A Roma, con Virginia Raggi data già come futura prima cittadina della capitale. A Bologna il sindaco uscente se la vedrà con Lucia Borgonzoni della Lega Nord, a conferma del sempre più crescente peso elettorale del partito di Salvini nella ex roccaforte per eccellenza del Partito Comunista Italiano. A Napoli il ballottaggio dovrebbe vedere una tranquilla vittoria del sindaco uscente Luigi De Magistris (a capo di una coalizione civica e di sinistra) contro Gianni Lettieri, sostenuto dalla destra. Milano si conferma invece come laboratorio politico. Cinque anni fa, infatti, la vittoria di Giuliano Pisapia fu vista come l’inizio della riscossa della nuova sinistra sull’asse Pd-Sel e attivismo civico (le cose non sono andate esattamente come previste, soprattutto sul piano nazionale). Oggi è il centrodestra “moderato, liberale e governista” a fare le prove generali della fase 2 – quella successiva a Silvio Berlusconi – attorno alla figura di primo piano di Stefano Parisi: è lui a lanciare la sfida a Beppe Sala, ex AD di Expo e visto come diretta emanazione di Matteo Renzi.

La vittoria di Parisi permetterebbe al centrodestra di riconfigurare i propri rapporti di forza. Il dibattito pubblico è attualmente schiacciato sulla leadership di Salvini, sulla Lega Nord, il populismo euro-scettico in mancanza di un leader “moderato” che sappia anche porsi in contrapposizione al Partito Democratico sul progetto di governo. Beppe Sala, in compenso, confermerebbe non solo la stagione arancione (la lista Sinistra X Milano sostenuta dal sindaco uscente ha dentro molti pezzi dell’ex Sel) ma buona parte dell’esperienza di governo della città che ha radicalmente trasformato Milano da città della speculazione berlusconiana a “the place to be”. L’elezione di Milano verifica lo stato di salute di un’asse tra Pd e sinistra, perché il centrodestra è schierato con Parisi. Compreso Maurizio Lupi, esponente (nonché ex ministro) di un partito che a Roma governa con il Pd.

Se a Roma la vittoria di Virginia Raggi è molto probabile (non tanto per demeriti di Giachetti, quanto per la controversa caduta della giunta di Ignazio Marino, l’inchiesta Mafia Capitale e i problemi interni al Pd locale), a Torino si gioca la partita tra Piero Fassino, sindaco uscente e politico sulla scena da molti anni e Chiara Appendino, vista da sempre come espressione “ragionevole” e “laica” del M5S al punto che La Stampa locale scrisse un profilo definendola: «La candidata perfetta per il Partito Democratico». Nella capitale sabauda la contrapposizione tra “vecchio” e “nuovo” appare evidente e gli ultimi sondaggi vogliono una sostanziale parità (al primo turno il distacco è stato di circa 9 punti) ma la vera sfida, qui, sembra attestarsi sull’asse “verticale” tra “governismo” e “anti-sistema” che non su quello “orizzontale” tra destra e sinistra. Il M5S sta raccogliendo supporti – ogni tanto non richiesti – da Lega Nord, pezzi di destra euro-scettica, centri sociali e alcuni sostenitori di Giorgio Airaudo (candidato a sinistra al primo turno). Piero Fassino, invece, apre allo spirito “governista” di alcuni esponenti della sinistra come della destra. Forse è lo scenario più post-ideologico, per usare categorie in voga nel dibattito.

Sarà interessante vedere la ridefinizione dell’atlante politico dopo il voto. Comunque vada a finire, la contrapposizione tra Pd e M5S risulterà ancora più forte (segnale a Matteo Renzi per il referendum costituzionale) e la lotta interna alla destra per la leadership del futuro (Salvini o Parisi?) farà comunque tornare in campo uno schieramento politico dato più volte per spacciato ma alla fine sempre presente.

Altre notizie su:  rollingaffairs