Leo Ortolani | Rolling Stone Italia
Interviste Culture

Il cinema secondo Leo Ortolani

"CineMAH presenta "Il buio in sala"", questo il titolo della raccolta di recensioni prese dal blog Leo Ortolani. Parliamo con l'autore di cinema, e del vizio di JJ Abrams di rovinare le cose belle

Leo Ortolani, 49 anni

Leo Ortolani, 49 anni

La prima storia di Leo Ortolani che abbia mai letto è Il Signore dei Ratti, una parodia esilarante del Signore degli Anelli. Mi ricordo ancora la scena: un compagno di classe appoggia il fumetto sul mio banco, la prof lo vede e ovviamente nei cazzi ci vado io. Di buono c’è che, esiliato dalla prof in corridoio, quel giorno è iniziato un grande amore, che tutt’oggi continua nonostante i primi capelli bianchi.

Ieri come oggi, con Rat-Man o con Il Buio In Sala, nuovo volume carico di recensioni a fumetti dei più grandi film del nostro tempo, il fumettista parmigiano si serve del cinema per ridare alla carta ciò che forse le era stato tolto, se pensiamo al fatto che quasi tutte le storie davanti a cui mangiamo pop corn scadenti provengono da una striscia a fumetti o comunque dalle pagine di un libro. E poi a parlare di cinema Leo si accende, e la pacata riservatezza che concede durante le presentazioni lascia il posto all’entusiasmo che ci metterebbe un amico nel descriverti quanto abbia fatto schifo Avengers. E fidatevi che Avengers ha fatto proprio schifo, eh.

vignetta ortolani

Quel MAH in fondo a CineMAH alla fine dice tutto.
Altroché, CineMAH è una rubrica che ho creato per il mio blog e che poi, come vedi, è finita anche sulla carta. Il MAH è lo stesso che dici appena uscito dalla sala: “Ma cosa ho appena visto?”

Quindi ne verranno altri dopo Il Buio In Sala?
Certo, continuerò a fare recensioni a fumetti. È nato tutto quasi per gioco quando era uscito il primo film degli Avengers, che aveva creato una spaccatura tra i fan. Nello specifico, io da una parte e il resto del mondo dall’altra. Non mi è piaciuto perché non è un film, non c’è la regia di un film. Io lo dico sempre: Joss Whedon è un regista di telefilm, non di film. Il film ha un respiro ben diverso. Ora, non posso darti dati veri e propri perché poi magari tutto si basa su sensazioni mie, però, scrivendo io sceneggiature da tanti anni (quasi 20), capisco subito quando una sceneggiatura funziona, non funziona o quando proprio stride la musicalità di un racconto. Anche io quando scrivo le storie uso questo fiuto per cambiare qualcosa quando non funziona, quando magari il racconto si fa troppo complesso e bisogna diluirlo. Quando vado al cinema quindi sento questa “musica”.

Suppongo che questa musica in The Avengers non ti abbia convinto.
The Avengers comincia con un intro che non ha senso. Io mi sono girato verso il mio socio in cerca di supporto, ma lui faceva finta di non vedermi o sentirmi perché, me ne rendo conto, se comincio non la smetto più. Dicevo, c’è questo inizio banale, questa piccola parentesi che secondo me sarebbe dovuta durare molto di più. I Chitauri parlano con Thanos, brevemente ti fanno sapere che la Terra è in pericolo e gli umani non potranno fare altro che bruciare. Poi hai venti minuti di Shield e Loki e dici “va bene, facciamocela passare ancora”. Ma il resto… Ti faccio una domanda: tu hai capito perché Loki vende la Terra ai Chitauri? Che cosa vogliono farsene?

Non c’è un motivo!
Non esiste un motivo! Lo fanno giusto per il gusto di aprire un buco sopra New York. Ora tu prova a fare il paragone tra un film come Avengers e un film vero, cioè con il respiro di un film vero, come Independence Day. Due esatte invasioni della Terra dallo spazio, una musicalità completamente diversa. Il respiro di Indipendence Day, lo vedi, è mondiale, quando invece negli Avengers interessa al massimo un quartiere di New York… Aspetta scusa che mi stanno chiamando. [guarda il telefono] Niente, era Joss Whedon che si lamentava perché ce l’ho sempre con lui. Ti dicevo, sono uscito dal cinema e non mi sono accontentato di vedere un gruppo di supereroi che forse non si vedeva dai tempi della TV (quelli con Thor, Hulk Devil). Alcune parti fanno anche ridere, ma di epicità ce n’è pochissima.

Zero trama e tutto effetti speciali. Barocchismi tecnologici per stupire e basta.
Ma guarda che in realtà, se fosse solo quello, mi andrebbe anche bene. A me Avengers non è piaciuto e quindi sono finito direttamente nel banco dei cattivi. Nello stesso anno è uscito anche Prometheus, il ritorno di Ridley Scott sulla saga di Alien, e mi è piaciuto a differenza di tutti. Mi sono messo lì con l’orologio, ho letteralmente smontato i due film per metterli a confronto: Alien e Prometheus. Ovunque in Alien ci sia un colpo di scena, l’hanno messo con lo stesso minutaggio anche in Prometheus. Solo che in Alien funzionava perché la storia era uscita così, nel nuovo nulla aveva senso. Ci sono dei colpi di scena che non hanno motivo di esistere, delle cose che dici: “Perché?” Tipo, in Alien ti chini per vedere questo uovo che si schiude. Hai un casco che ti limita la visibilità, perciò sei scusato. Ma che in Prometheus due scienziati vadano a toccare un alieno chiaramente pericoloso, scatenando così un putiferio, non posso proprio accettarlo. Però, oh, è pur sempre Ridley Scott, quindi il film ha un respiro, una trama, scenografie imponenti, il senso del mistero è immanente. Insomma: mi è piaciuto a tal punto che ci ho fatto la parodia mischiata con un po’ di Alien. In fondo anche Alien pullula di cose da prendere in giro, come questa astronave enorme ma con la navetta di salvataggio da UNA persona. Oppure, che non c’è un’arma a bordo.

Fatto sta che, dopo la recensione di Avengers, che finisce con me che rimpiango di non avere più i sette euro dopo il cinema, ne faccio subito un’altra, quella di Die Hard 5. Da lì in poi è diventato un appuntamento fisso per chi segue il blog.

Quindi la cinematografia in generale è in crisi o soltanto quella di Peter Jackson, come nella vignetta sul retro del libro?
Credo che sia in crisi solo quella di Peter Jackson, che ha fatto il suo bello scivolone già ai tempi di King Kong. Ora, io sono appassionato del primo, quello del ’33. Ecco, Jackson ha preso il primo e lo ha dilatato a dismisura, mettendoci poi—visto che doveva dar retta anche alla moglie—un casino di cose sul femminismo. Del tipo, “No, ma in realtà non è una donzella da salvare” e allora dato che ci sei portale anche dei fiori, no? Poi apprezzo lo sforzo di aver spalmato e creato dal nulla una nuova trilogia del Signore degli Anelli. Tanto di cappello, però ha perso di vista quello che poi era il film. Ha fatto anche lui un prologone che nella seconda parte finisci per addormentarti. Tutti che aspettiamo il drago, vediamo il drago ma dopo un po’ non ne possiamo più nemmeno del drago.

A me hanno dato fastidio i nani che cantano. Ho pensato che fosse un film della Disney!
Guarda, devo dirti che a me quella parte è piaciuta invece. [Comincia a canticchiare Misty Mountains] Più che altro il casino l’hanno fatto traducendola in italiano. Comunque no, la cinematografia non è in crisi, ci sono ancora tanti bei film in giro. La Marvel più che altro sta collegando tutti i suoi film fra loro, quindi alla fine si vengono a creare delle puntate di telefilm di serie A e ad alto budget. Per ora, gli unici che si stanno destreggiando nell’ambiente sono i fratelli Russo, quelli di Capitan America e Civil War, che per ora stanno firmando bei film. Poi, al di fuori dei supereroi, mi sono piaciuti tantissimo anche il Ponte delle Spie e Hateful Eight, per citarti solo i più recenti.

Io il Ponte delle Spie l’ho trovato pallosissimo. Mi spiace contraddirti sempre.
Perché forse tu essendo più giovane non sei abituato a un certo tipo di cinematografia.

No, è che succede tutto esattamente quando ti aspetti che succeda.
Eh, però è orchestrato come solo Spielberg sa fare, mi spiace. Anche in Argo sai perfettamente cosa succederà, però stai lì in tensione fino alla fine. Pure Jeeg Robot è bello, e oltretutto apre uno spiraglio sulla cinematografia italiana che sta cercando di scrollarsi di dosso tante cose. Ecco, ho sofferto tantissimo La Corrispondenza di Tornatore. Ero andato a vedere La Migliore Offerta e mi era piaciuto, perciò ho pensato “è dello stesso regista, magari mi può piacere anche questo”. Dopo cinque minuti non ne potevo più: dialoghi fasulli e barocchi, come anche il resto del film.

Queste recensioni sono anche un modo per prendere un po’ in giro anche la critica, no?
Neanche, perché alla gente in fin dei conti non importa della critica. Io personalmente non vedo più grandi critici cinematografici rimasti. Seguo ancora un mio amico di Torino e poi quello che scrive Roberto Recchioni. Loro due sono in grado di fare una disamina del film senza stare lì a raccontarti la trama. Io ho abbandonato riviste tipo Ciak perché le recensioni di fatto ti raccontavano il film, non com’era fatto. Se non sei capace a commentare il film senza snocciolarmi tutto ciò che succede, allora vuol dire che è il tuo lavoro.

Ma allora perché non ti metti a fare cinema?
No, perché preferisco vivere. Se vai a fare un film, ti metti sul groppone così tante pressioni che ti possono danneggiare a livello fisico. Già mi sono bastati i cartoni animati di Rat-Man per farmi vivere due/tre anni particolarmente intensi. Anche perché nel frattempo continuavo con la serie a fumetti. Sceneggiatura, storyboard, videoboard, tempistiche, persino la traduzione in inglese: una supervisione totale. A me piacerebbe anche mettere su pellicola qualche storie, ma le pressioni della casa di produzione sono l’ultima cosa che vorrei al mondo. Prendi Sacha Baron Cohen, che ha mollato il film dei Queen perché ‘sti qua volevano fare morire Freddie Mercury a metà film e poi fai vedere come il resto della band continua il suo percorso. Cohen ha detto “ma voi siete matti” e ha lasciato tutto, perché un film del genere non può vendere e se hai degli obblighi contrattuali non puoi permetterti di non vendere.

Cosa farai dopo che Rat-Man arriverà al capolinea?
Mi darò al giardinaggio col lanciafiamme. No, in realtà c’è tutta una serie di porte che ho lasciato aperte in vent’anni, tutte attinenti al fumetto, ovviamente.

Hai mai pensato a uno spin-off di Rat-Man?
Certo, lo spin-off ti consente di strizzare l’occhio ai lettori di Rat-Man senza dover ripartire da zero, ma perché limitarsi? La vita è troppo breve per fare gli spin-off.

Ma rimarresti comunque sul comico?
Sarebbe interessante provare a proporre robe non prettamente comiche. Visto che qualcosa in passato l’avevo già fatto e mi pare di esserci riuscito anche bene. Nel ’98 avevo fatto una miniserie con Ade Capone e ancora prima, all’inizio della mia carriera, avevo concluso la saga dei Fantastici Quattro dopo che Jack Kirby, il mio disegnatore preferito, aveva lasciato la serie. A questo punto mi domando se ci sarebbe uno sbalestramento del pubblico se dovessi mai ricominciare con le cose serie. Mi premeva comunque chiudere la serie di Rat-Man perché sono convinto che prima o poi tutto debba arrivare a una fine. È la chiusura che dà valore alla storia, così come la morte dà valore alla vita.

Per fortuna non si è conclusa proprio al numero 100 come avevi detto inizialmente.
Quella cosa l’ho detta quando stavo facendo il numero 7, quindi, più che una previsione, era un augurio a me stesso. Del tipo, spero di andare molto in là ma quando arriverò a un certo numero mi fermerò. E lì ho sparato 100, cifra tonda. Quando sono arrivato al 100 stavo già frenando, chiudendo già pian piano le storie, ma quando il treno viaggia ad alta velocità ti serve un po’ più di spazio per fermarti completamente, quindi ci si ferma al 122. Sarebbe interessante fare una miniserie sulla Prima Squadra Segreta, i primi supereroi dell’universo di Rat-Man. Le possibilità sono infinite.

Ho visto sul blog che sei andato a vedere William Shatner [Capitano Kirk, Star Trek]. 85 anni ma portati benissimo.
E dovevi vedere come ha tenuto banco per un’ora sul palco! Ci ha fatto ridere ininterrottamente, dimostrando, chessò, 67 anni al massimo. Si è dimostrato la leggenda che è, un uomo accentratore.

La maglietta da ufficiale scientifico che indossavi dà l’idea di essere una di quelle che ti fa sudare.
No, perché la mia è di cotone. Ti vengono anche quelle acriliche, ma è una mossa da principianti comprarla così. Poi non ero così agitato, sono riuscito anche a vincere la mia timidezza avvicinandomi al palco per stringergli la mano prima dell’inizio della firma degli autografi.

Come mai piangi la morte di Star Trek nel libro?
Perché come sempre arriva JJ Abrams a rovinare le cose belle. Lost non l’ho visto, ho solo seguito le prime due puntate ma sono certo che se avessi continuato mi sarei arrabbiato molto per il finale. Abrams è così: inizia bene e poi finisce giù per una china, tutto storto. Non riesco a capire perché abbiano scelto lui per fare sia Star Wars che Star Trek. E poi c’è questa cosa che non sopporto di lui, si dà delle regole che poi auto-infrange. I due Spock all’inizio del film non si possono incontrare? Alla fine del film si incontrano!

A Zerocalcare però ho visto che è piaciuto Il Risveglio della Forza. È carina la sua prefazione.
Per me Il Risveglio della Forza è un film soltanto gli ultimi cinque minuti, quando Rey arriva sull’isola, porge la spada laser a Luke e Luke si gira verso di lei. Boom! Il resto è un riassuntone di ciò che è successo negli episodi 4, 5, 6. Mancano giusto gli Ewok. Sono più in fregola per Rogue One, perché per forza di cose ci sarà Darth Vader e andranno rubare i piani della Morte Nera. Speriamo che la Disney, espandendo i vari universi di Star Wars, non crei un casino allucinante.

Occhio a incrociare le dita, che poi finisce come la tua ultima gita a Roma, quella che ho letto sul blog.
Sì, è stata una bella iniziativa dell’ATAC quella di stampare Rat-Man sui biglietti. Arrivo io a Roma: sciopero dei mezzi.

Sarà possibile incontrare Leo Ortolani che presenta il suo libro il 7 giugno a Torino, al Circolo dei Lettori, ore 21:00, e poi l’8 giugno a Bologna, presso La Feltrinelli di Piazza Ravegnana, alle ore 18:00 e infine a Roma, il 9 giugno, presso La Feltrinelli di Via Appia, ore 18:00.

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