Alec Monopoly, faccia a faccia con l'artista più enigmatico della street art | Rolling Stone Italia
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Alec Monopoly, faccia a faccia con l’artista più enigmatico della street art

Abbiamo incontrato nella sede di Tag Heuer (per cui è "art provocateur") l'artista con la bandana più famoso della street art: «Ho iniziato la mia carriera a 12 anni, ora scambio i miei lavori con quelli di Warhol»

Alec Monopoly è il misterioso street artist, "Art provocateur" di Tag Heuer.

Alec Monopoly è il misterioso street artist, "Art provocateur" di Tag Heuer.

Se vi capitasse di vedere un uomo mascherato con bandana e cappello con bombolette in mano, non abbiate paura. Anzi. Avvicinatevi perché male che va sta dipingendo qualcosa a tema Monopoli. Si chiama Alec Monopoly ed è uno dei golden kids della street art contemporanea. I suo lavori, firmati ALEC, sono tra i più richiesti in tutto il mondo, anche dai brand. Di recente è stato anche assoldato da Tag Heuer come “art provocateur”, una sorta di art director di stampo veramente artistico, chiamato a personalizzare alcuni modelli. E non solo.

Quando hai iniziato a fare arte?
A 12 anni, involontariamente. Ho dipinto una tela e sono riuscito a venderla. Ho portato a casa 500 dollari, non male per un ragazzino, no?

E quando sei diventato Monopoly?
Nel 2008, in piena crisi. Mi era capitato di giocare spesso a Monopoli in quel periodo, e ho fatto il mio primo pezzo a tema. Mi fa ridere che oggi quella stessa arte sia diventata poi un simbolo della ricchezza.

Cosa vuoi comunicare? Non sembra una critica…
Mi interessa comunicare felicità. Mi piace connetermi con le persone, mi piace ottenere una reazione positiva, generare dei sorrisi. Voglio stare fuori dagli aspetti sociali e politici. Mi faccio ispirare dalle città, dalla vibrazione che sento, dall’altra arte che vedo.


E come lavori?

Esco di notte, dalle 3 fino alle 6 di mattina sto in giro. Mi piace uscire e travestirmi, visto che le metropolitane sono off limits ormai punto ai billboard: mi metto la divisa da costruttore e salgo su.

Pensi che in certi posti l’arte dovrebbe essere legale?
Sì, in alcune zone sì, ad esempio negli edifici abbandonati… Non sarebbe così divertente, certo. Per me ci sono alcuni posti in cui non vado per principio, non voglio rovinare il lavoro di altre persone o creare un danno economico. Voglio dare dei significati positivi. Spesso chi fa il contrario non si occupa neanche di arte.

Ci sono degli artisti che prendi come riferimento?
Ti faccio tre nomi: Basquiat, Haring e Andy Warhol. Pensa che da poco ho realizzato un sogno, comprare un pezzo di Warhol, scambiando due miei quadri. Non avrei mai pensato di arrivare a tanto!

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Beh, questo ruolo con Tag Heuer mi impegna molto ma mi da molte soddisfazioni. Ho aggiunto dei personaggi nuovi, tra cui una versione di me, con bandana e cappello. In più sto lavorando alla scultura, è un medium che mi interessa. Per quello mi sto ispirando a Jeff Koons.