Uno Zoro si aggira per Venezia con "Arance e Martello" | Rolling Stone Italia
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Uno Zoro si aggira per Venezia con “Arance e Martello”

Il primo film di Diego Bianchi, verrà presentato al prossimo festival del Cinema di Venezia

Zoro, nom de plume dietro cui si cela il giornalista e autore Diego Bianchi, porterà a Venezia il suo primo film. S’intitola Arance e Martello, e racconta la protesta di alcuni commercianti romani per preservare il mercato rionale da cui dipende la propria sussistenza. Zoro, conduttore di Gazebo su Rai3, debutta alla regia con una commedia corale che chiuderà la Settimana della Critica della Mostra del Cinema di Venezia.

Bianchi racconta:

La muraglia della costruzione della Metro C, nel quartiere di San Giovanni di Roma, divide fisicamente un mercato rionale da una storica sezione del Pd, mi sembra metafora della difficoltà di comunicazione tra politica e gente comune. Abito da quando sono nato in quel quartiere, un giorno ho sentito che se fosse stato chiuso il mercato, sarebbe scoppiata la rivoluzione. Mi è venuta l’idea di raccontare, cosa sarebbe successo se fosse arrivata un’ordinanza comunale per la chiusura, immaginando i cittadini che si rivolgono in cerca d’aiuto alla sezione del Pd.

Un confronto ”che evidenza la difficoltà reciproca, tra politici e la gente, a capire gli uni le esigenze degli altri. Da una parte far comprendere che la politica non sia tutta brutta, sporca e cattiva, dall’altra la difficoltà dei politici a capire i problemi reali”.

Il film è ambientato in una sola, torrida giornata, in cui tutto prende una piega paradossale e gli animi si surriscaldano.”Recito me stesso, – spiega Zoro – arrivo nel quartiere con la mia telecamera e rimango coinvolto negli eventi. L’ambientazione è quella di tre anni fa, con Berlusconi presidente del Consiglio, la Polverini presidente della regione e Alemanno Sindaco”.

Nel film si cita anche la (vera) iniziativa avviata allora dai militanti del Pd, una raccolta firme per convincere Berlusconi a dimettersi: ”Le firme furono raccolte – conclude Bianchi – ma lui naturalmente non si dimise”.

Inspiegabile, direi, data l’astuzia politica della mossa, ma in fondo chi disse che con quei dirigenti non avremmo vinto mai, forse ci aveva preso.