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Tutto il meglio di Jack Nicholson (in GIF)

Oggi la risata più agghiacciante di Hollywood compie 82 anni. Noi lo celebriamo ricordando le sue migliori performance, tra accette, gangster e uomini pipistrello

Tutto il meglio di Jack Nicholson (in GIF)

Jack Nicholson ritratto nel 1970. Foto di Jack Robinson/Hulton Archive/Getty Images

Alzi la mano chi riesce a pensare a Jack Nicholson senza visualizzare subito il suo sorriso: innegabilmente folle e assolutamente irresistibile. Il ghigno più spaventoso e insieme più affascinante di Hollywood è stato cool ancora prima che esistesse un’idea di cool e ha contribuito a scrivere sul dizionario la definizione di “bad boy” del cinema.

È l’attore più nominato nella storia degli Oscar con ben 12 candidature (lo supera solo una donna, Meryl Streep) e uno dei tre (con Daniel-Day Lewis e Walter Brennan) ad aver vinto per tre volte la statuetta. La sua specialità? Dare vita a personaggi che camminano sulla sottile linea rossa tra il pericoloso e l’esilarante. E in occasione del suo 82esimo compleanno abbiamo scelto le 10 interpretazioni migliori, corredate da altrettante immancabili gif. Happy birthday Jack!

Shining (1980)
Ok, vi sembrerà scontato. Ma esiste qualcosa di più meravigliosamente inquietante della discesa nella follia di Jack Torrance nell’horror cult di Stanley Kubrick e del suo culmine, la scena in cui il protagonista sfonda la porta del bagno con un’ascia? Sì, il fatto che Nicholson abbia improvvisato la battuta «Here’s Johnny!» prendendo in prestito uno dei più celebri slogan dei Late Show americani. Brividi. Non c’è da stupirsi che la sua co-star Shelley Duvall sia quasi impazzita. Morale: mai giocare a nascondino con Jack Nicholson. A meno che anche tu non possieda un’ascia.

Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)
Nicholson rischia il tutto e per tutto con un ruolo che avrebbe potuto affossare o lanciare definitivamente la sua stella: quello del leader improbabile di un gruppo di pazienti in un ospedale psichiatrico. E vince, non solo la sfida ma pure il suo primo Oscar da attore protagonista. Randall P. McMurphy è uno stupratore che finisce in un manicomio per evitare la prigione: un personaggio spregevole che però, grazie allo strano calore e al fascino dell’attore, non puoi fare a meno di amare. Altrettanto memorabile anche il discorso di ringraziamento di Nicholson per la statuetta: «Immagino che questo dimostri che ci sono tanti pazzi nell’Academy quanto in qualsiasi altro luogo». Applausi.

Batman (1989)
Se Heath Ledger con la sua tormentata interpretazione grunge nel Cavaliere Oscuro ha potuto ridefinire il carattere del Joker, è anche grazie a chi quel ruolo lo aveva definito in primo luogo, e cioè Jack Nicholson ovviamente. Il suo clown principe del crimine nel film diretto da Tim Burton era un capolavoro di recitazione sopra le righe e cartoon style, con quel mix di carisma, comicità assurda, pericolo e instabilità che solo il suo talento poteva mantenere tanto in equilibrio. Almeno due i motivi per adorarlo: «Danzi mai con il diavolo nel pallido plenilunio?». E QUELLA risata.

Easy Rider (1969)
Il ritratto dell’avvocato alcolizzato e nevrotico George Hanson nel road movie manifesto della controcultura americana degli anni ’60 è il suo big role. Hollywood si accorge di lui e lo candida all’Oscar come non protagonista. Probabilmente ha a che fare con lo strampalato discorso sui Venusiani e, soprattutto, con la scena in cui beve e muove le braccia come un pollo esclamando: «Nik! Nik! Nik! Fuh! Fuh! Fuh! Indians», una sorta di grido di guerra senza un significato, puro nonsense e ribellione, nel pieno spirito del film. Best Nicholson ever.

Codice d’onore (1992)
Grazie anche alla sceneggiatura di Alan Sorkin, Jack Nicholson nei panni del Colonnello della Marina Nathan R. Jessup (insieme a Tom Cruise in quelli dell’avvocato tenente Daniel Kaffee) è protagonista di uno dei momenti più citati di tutto il cinema. E da questo film in poi all’affermazione «I want the truth!», si può replicare in un solo modo: questo.

Chinatown (1974)
Nel neo-noir per eccellenza diretto da Roman Polanski, Nicholson aggiunge il suo inconfondibile tocco (risata inclusa) nel rendere omaggio ai detective hard boiled della storia del cinema – dal Marlowe di Bogart in poi – con una delle sue performance più memorabili: quella dell’investigatore J. J. Gittes che cerca di vivere onestamente ma per risolvere un caso entra troppo in contatto con alcuni clienti corrotti.

The Departed (2006)
Pericolosamente psicotico, pura emanazione del male. Ancora una volta Nicholson supera il confine e dà vita ad uno dei boss più terrificanti e indimenticabili del grande schermo: Frank Costello, ispirato alla figura di Whitey Bulger. E le sue espressioni mentre parla con Di Caprio della talpa nel suo clan fanno addirittura sorridere. Ovviamente se la talpa non sei tu.

Qualcosa è cambiato (1997)
Niente esplosioni e picchi di interpretazione per cui spesso i suoi personaggi sono amatissimi. Nicholson dà vita allo scrittore misantropo Melvin Udall sul filo di una nevrosi costante, che gli farà guadagnare il suo terzo Oscar (il secondo da protagonista). Una curiosità: anche la co-protagonista Helen Hunt, che interpreta una cameriera, l’unica persona in grado sopportare l’uomo, vincerà la statuetta.

A proposito di Schmidt (2002)
Un’altra delle performance più potenti di Nicholson è paradossalmente priva dei suoi soliti acuti: quella di Warren Schmidt, vedovo solitario che si avvicina alla fine della vita e si preoccupa di non aver fatto nulla di utile. Ennesima prova da manuale per l’attore che con la sua straordinaria mimica e il suo gigioneggiare controllato “fa” il film. Malinconico.

Voglia di tenerezza (1983)
L’immagine più morbida e intrigante del Nicholson di oggi nasce per molti versi dalla sua interpretazione (da Oscar) dell’ex astronauta Garrett Breedlove, amico e poi amante della protagonista Shirley MacLaine, che alla fine del film afferma: «Chi l’avrebbe mai detto che sei un bravo ragazzo?».

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