'Made in Italy': intervista a Ligabue e Stefano Accorsi | Rolling Stone Italia
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‘Made in Italy’: intervista a Ligabue e Stefano Accorsi

«Anche io da piccolo sognavo di fare l’attore, per poi capire che è la cosa che so fare meno in assoluto. Basta che mi guardi nei videoclip e me ne rendo conto da solo» confessa Luciano

Credit: Jarno Iotti

Credit: Jarno Iotti

Te li vedi davanti insieme a quasi vent’anni da Radiofreccia e non puoi non pensare immediatamente alle “rovesciate di Bonimba e ai riff di Keith Richards”. Con Made in Italy Luciano Ligabue e Stefano Accorsi si ritrovano ancora dopo l’opera prima del cantautore di Correggio. E non potevamo che partire da lì: dal credo laico di Ivan Benassi su Radio Raptus.

In che cosa crede invece Riko, il protagonista di Made in Italy?
Accorsi: Qualcuno diceva che nei film di Luciano i personaggi raccontano qualcosa di specifico della loro età e di quella fase della vita. Freccia è molto più giovane e il suo credo era molto concreto e tangibile, raccontava la sua quotidianità. Quando incontriamo Riko all’inizio di Made in Italy è un uomo che si è staccato da quel tipo di condizione perché tutto ciò in cui credeva lo vede sfocato, è come se non ci credesse più.

Ligabue: È una differenza anagrafica. Freccia ha di fronte a sé il romanticismo e le insicurezze di chi, a vent’anni, immagina il futuro. Riko lo becchiamo in un momento in cui la vita l’ha già vissuta ampiamente e, ahimè, teme che sia poca roba quello che gli rimane da vivere.

“Credo che un’Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa”. Secondo te Luciano, ce ne sono state?
Ligabue: Ho avuto la fortuna di poter vedere con i miei occhi, finalmente, un’Inter vincere la Champions League, per cui quella per me è stata bellissima, in modo diverso. Anche perché la famosa Inter degli anni ’60 l’ho vista solo nei filmati, a posteriori. Sulla squadra di oggi vediamo se si ripeterà un copione che abbiamo visto negli ultimi sei anni. E cioè un girone di andata convincente e un girone di ritorno in cui le cose si fermano. Speriamo che quest’anno sia stato solo un breve black-out.

Al centro di Made in Italy c’è il tema di lavoro, voi che cosa fareste nella vita se non foste diventati Ligabue e Accorsi?
Accorsi: Sognavo di far l’attore già da piccolo. Dopo il liceo mi sono iscritto alla scuola di teatro, prima di cominciare ho fatto il primo provino della mia vita e mi hanno preso. Ad un certo punto mia madre mi ha chiesto di iscrivermi anche a un’università e io insensatamente ho scelto Economia e Commercio. Ma non faceva per me, avevo proprio sbagliato tutto. È molto difficile dire che altro farei, posso dire che prima di diventare attore, ho fatto il bagnino. Ecco probabilmente magari d’estate (ride)…

Ligabue: Anche io da piccolo sognavo di fare l’attore, per poi vedere che è la cosa che so fare meno in assoluto. Basta che mi guardi nei videoclip e me ne rendo conto da solo. Ho fatto il bracciante, il metalmeccanico, il ragioniere, ho lavorato all’Arci come responsabile della parte spettacoli, ho fatto lo speaker radiofonico, allora si diceva così. Non ho proprio idea di cosa avrebbe potuto essere, sicuramente mi piaceva provare esperienze diverse. Per un periodo di tempo addirittura sono stato consigliere comunale, pur non avendo mai preso la tessera di un partito: dopo due sedute di consiglio ho detto “ok, non fa per me” e ho lasciato il posto alla riserva.

Radiofreccia è stato etichettato come film generazionale, di Made in Italy si parla invece come di un film se non politico, sociale. C’era questa intenzione?
Ligabue: In realtà no, volevo raccontare la storia di una brava persona che merita una bella vita e che invece sembra quasi dover pagare lo scotto di essere una brava persona nel nostro Paese. Poi che questo diventi emblematico per altri ovviamente non voglio evitarlo però non c’è un’intenzione di denuncia, è talmente tanto sotto gli occhi di tutti come stanno andando le cose nel nostro Paese, che non c’è bisogno di ricordarlo. C’è bisogno di ricordare i sentimenti che proviamo. Io sono uno che continua a raccontare quelli. Più che proporre delle idee, sono interessato ai sentimenti che le idee producono. L’ho fatto un po’ da sempre anche, e forse soprattutto, attraverso le canzoni.

Qual è la cosa che vi fa incazzare di più in questo momento dell’Italia?
Accorsi: Che chi dovrebbe amministrarla, preoccupandosi solo ed esclusivamente del nostro Paese, perda tempo a discutere di robe futili, narcisismi, che l’ego di alcuni politici (non di tutti, non bisogna mai generalizzare) prevalga sul bene comune. In questo momento storico è proprio inaccettabile perché c’è bisogno di tutte le energie migliori per tirarsi su.

Ligabue: La prima cosa che viene in mente è proprio quanto funzioni male questo Paese. L’irritazione è forte perché è l’altra faccia della medaglia del sentimento che provo per l’Italia: l’amore. Non riesco a immaginarmi tedesco, svizzero, francese o inglese, io mi sento profondamente italiano. Non riesco a smettere di andare a Roma senza vederla con gli occhi stupiti del turista ma non riesco a non vederne il malfunzionamento. E quindi il fastidio è proporzionale al sentimento di amore. Per questo mi incazzo tanto nel vedere l’Italia così trascurata, incapace di uscire dalle acque stagnanti in cui è da tantissimo tempo.

Secondo voi chi vincerà le elezioni? 

Accorsi: Guarda, io ho paura a dirlo.

Ligabue: Non lo so, i sondaggi stanno dicendo delle cose in questi giorni, ma credo ne verrà fuori un’empasse.

Da emiliani doc, che cosa vi siete mangiati sul set?
Ligabue: Mi hanno fatto notare che nel film si vede tanto e per l’ennesima volta il contesto in cui vivo, perché è quello che voglio raccontare, ma che invece di rappresentare la cucina delle mie parti, i protagonisti mangiano libanese, indiano… Non è che in Emilia mangiamo solo cappelletti. Sono buoni però non li puoi mangiare tutti i giorni.

Accorsi: In queste contaminazioni culinarie si racconta anche in modo molto delicato di come il tessuto sociale stia cambiando nel nostro Paese. La mortadella no invece, quella non cambia mai.



Freccia o Riko?
Ligabue: Friko!

Accorsi: Ma sai che Friko… No, sono due personaggi che ho amato talmente tanto, non sceglierei mai. Qualcuno ha detto che Riko potrebbe essere un Freccia sopravvissuto: chi lo sa. Ma potrebbe, ci sta.

Ligabue: Freccia sicuramente è più da poster perché, come i grandi eroi del rock è morto giovane e bello, ha questa fascinazione che è un po’ da cliché ma è innegabile. Riko deve farsi voler bene con un po’ meno romanticismo e spero proprio che ce la faccia.

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