Le dieci parole d’ordine del cinema italiano 2017 | Rolling Stone Italia
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Le dieci parole d’ordine del cinema italiano 2017

Cosa ha in serbo il cinema made in Italy per l'anno nuovo? È impossibile raccontare tutti i film che usciranno, così abbiamo provato a anticiparveli in dieci parole chiave tra Napoli, donne, Internet e labirinti...

Il cast di Smetto Quando Voglio - Masterclass, foto di Emanuela Scarpa

Il cast di Smetto Quando Voglio - Masterclass, foto di Emanuela Scarpa

Come capire cosa vedere nel 2017? Cosa aspettiamo, cosa desideriamo? Fare una top 10 di film non ancora visti ha poco senso. E allora proviamo invece a vedere quali sono le 10 parole d’ordine del cinema italiano 2017 di questo nuovo anno: scoprendo che ci sono nuove capitali (Napoli), che il crimine paga, che i sindaci sono le nuove star (no, tranquilli, Virginia Raggi non sarà la protagonista del prossimo film di Moccia). Non ci avete capito molto? Proviamo a spiegarvelo meglio.

Napoli

Bellissima, maltrattata, criticata, cinematografica nella quotidianità, scenografica per natura, totale ed eccessiva nei pregi e nelle virtù. La capitale del cinema italiano, la piazza più interessante ora è Napoli: Gianni Amelio ci ha ambientato il suo melodramma familiare La tenerezza (cast all star: Elio Germano, Micaela Ramazzotti, Greta Scacchi, Giovanna Mezzogiorno), i Manetti dopo Song’e Napule ci riprovano con la commedia un po’ Gomorra e un po’ sceneggiata, Ammore e malavita con il solito grande Giampaolo Morelli, affiancato da Carlo Buccirosso e Serena Rossi. Grazie a Gomorra e alle loro parodie i The Jackal, geni assoluti, sono diventati i re della Rete e provano ad approdare al grande schermo con The Jackal addio fottuti musi verdi, trama top secret, mentre ne La parrucchiera, Stefano Incerti con Pina Turco e Cristina Donadio (e già, proprio la Deborah e la Scianel, guarda un po’ di Gomorra) racconta una storia tutta al femminile tra Vomero, Quartieri spagnoli e messe in piega. Con L’intrusa torna dopo il bellissimo L’intervallo Leonardo Di Costanzo, tra volontariato e… camorra. Difficile scegliere, ma noi puntiamo su Gatta Cenerentola: Alessandro Rak e la Mad Entertainment, con la loro animazione, hanno proiettato Napoli nel cinema internazionale: lui è un grande regista, la Mad una factory che ha portato nel cinema italiano d’animazione una rivoluzione. Questa Cenerentola Dark in una Napoli apocalittica potrebbe essere la nuova Akira.

Divorzi all’italiana

“Tengo famiglia” è forse la frase più detta dagli italiani. Ma a volte è togliersela dalle scatole, la famiglia, il problema. O il segreto. Antonio Albanese e Paola Cortellesi, diretti da Riccardo Milani, sono la coppia del cinema che ci regalerà la separazione più politicamente scorretta che si ricordi qui da noi: in Mamma o papà si litigano i figli. Sì, litigano per lasciare all’altro tre ragazzi, senza rimorsi. In Moglie e Marito Pierfrancesco Favino, neurochirurgo geniale, e Kasia Smutniak, splendida e ambiziosa conduttrice tv, stanno divorziando dopo 10 anni insieme. Si trovano l’uno nel corpo dell’altra, costretti a capirsi più di quanto vogliano. Non c’è la crudeltà comica di De Filippo in Marito e Moglie del 1952, ma molti spunti interessanti: regia di Simone Godano, sceneggiatura di Giulia Steigerwalt, attrice di talento brava nel fare la finta cattiva. Ne La verità vi spiego sull’amore Ambra Angiolini viene mollata dal marito – sì, lo so, fate fatica a immaginare uno tanto pazzo da farlo – e non se ne fa una ragione per parecchio. Ma poi, quando riesce a togliere quel lutto sentimentale, anche grazie a un giovane baby sitter fidanzato dell’amica Sara (Carolina Crescentini), allora se ne vedono delle belle. Di sicuro vi consigliamo il libro omonimo di Enrica Tesio: se Max Croci non ha fatto danni… Torna alla regia Elisabetta Rocchetti con Il velo di Maya. Ottima interprete per Garrone e i Manetti, ha trovato ora una strada interessante dietro la macchina da presa. Qui c’è un matrimonio, quello di Anna. Giovane donna di successo, nel lavoro o nella vita. O almeno crede: perché tolto il velo, è tutto un disastro, tra dramma e farsa. Secondo film anche per Ciro De Caro, autore del sorprendente cult Spaghetti Story. Acqua di marzo è il racconto straziante e lucido, di un amore che finisce, dei sentimenti e dei loro piccoli lati oscuri. Di una coppia in procinto di spezzarsi (da segnalare la straordinaria prova di Rossella D’Andrea). Chiudiamo con il film che attendiamo di più: Piccoli crimini coniugali di Alex Infascelli. Cosa succede se in un matrimonio in crisi e pieno di segreti uno dei due perde la memoria e l’altra la deve ricostruire, ma la “rimonta” senza le parti brutte? Che il tutto diventa un giallo emotivo, una crime love story. Protagonisti: Castellitto e Buy, una certezza.

Crimini e disfatti

Il crimine paga, eccome. Soprattutto se a compierlo o scontarlo sono persone che non ti aspetti. Ovvio che in questa categoria aspettiamo come l’acqua nel deserto i precari laureati di Smetto quando voglio: Masterclass di Sydney Sibilia: il primo capitolo ha rivoluzionato la nostra commedia e ha raccontato una generazione fino ad allora, al cinema e non solo, ignorata o relegata a squallidi stereotipi paternalisti. Ora la banda torna dalla parte giusta della legge, ma sempre nel suo modo meravigliosamente sbagliato. A naso, questo film sembra ancora più folle del precedente. Niente male dev’essere pure la banda di disabili rapinatori di Brutti e cattivi, con Santamaria e D’Amore a capitanarla e Sara Serraiocco nella parte de “La ballerina” come femme fatale anch’essa disabile (e Barbareschi in produzione). Ne Il permesso, infine, Claudio Amendola pesca nel milieu di Suburra e affini per quattro persone che escono dal carcere per 48 ore di permesso. E le segue, per capire cosa fa della vita chi non l’ha più e può godersene solo pochi spicchi. Qui si segnala un Argentero al suo meglio.

Internet

La Rete ormai è sempre più ragnatela. Se Paolo Genovese ci ha messo in guardia dagli smartphone e Edoardo Leo dai social, ora arriva un’ondata di film su realtà virtuale e dintorni. Youtopia ci racconta come internet sia il regno di più second life, forse persino più vivide e reali della prima, tra cam girl e un luogo incantato fatto di pixel e sentimenti. Berardo Carboni dipinge un mondo, anzi almeno due, poetici e potenti, Matilda De Angelis si conferma alla grande dopo Veloce come il vento. In Infinita come lo spazio, I’m 3D di Anne Riitta Ciccone Jessica e Evilgretel sono una liceale e una star della realtà virtuale. Sono la stessa persona. Vivono due vite in una: tanto che alla fine dovranno scegliere insieme quale. The Start Up – ancora Barbareschi in produzione, con D’Alatri in regia – racconta una storia vera, quella di Ergomnia e di Matteo Achilli. che rispose all’ennesima ingiustizia inventandosi un’app che fa incontrare domande e offerte di lavoro (un po’ come vorrebbe fare il protagonista di Che vuoi che sia). Ma puntiamo la posta su Beata Ignoranza: non solo per il tris Max Bruno, Marco Giallini e Alessandro Gassman, ma anche perché il regista decide di mostrarci le due facce dei social: non solo quella pericolosa, ma anche quella speciale.

Donne speciali

Sergio Castellitto, Daniele Vicari, Silvio Soldini. Jasmine Trinca, Isabella Ragonese, Valeria Golino. Fortunata, Sole cuore amore, Emma. La bellezza brilla anche nel dolore e nello squallore, la vita anche dove è più difficile, l’amore forse anche di più. Tre cineasti diversi, tre attrici diverse, tre storie diverse. Eppure la Jasmine Trinca bionda e volitiva, sensuale in quelle vesti ruvide di periferia e finalmente libera dal cinema d’autore per regalarsi a un regista che sa essere popolare e istintivo oltre che raffinato, abbiamo una voglia matta di vederla. Perché uno come Castellitto è maieutico e siamo così abituati alle eccellenze di questa attrice che forse ci siamo dimenticati quanto ancora possa sorprenderci. E così Valeria Golino, che nella Emma di Soldini vive un amore cieco. Splendidamente, letteralmente cieco. Ma che noi possiamo vedere benissimo. Nel nostro cuore però batte Sole cuore amore: perché Daniele Vicari, con un’Isabella Ragonese che vive il suo ruolo sfiancandosi e donandosi completamente (accanto a tanti bravi attori comprimari e necessari), è come Ken Loach. Le storie che sa raccontarci, da dentro, le sa narrare solo lui. Con quella verità, quel dolore, quel sentimento, quella forza.

Primi cittadini

Virginia Raggi e Chiara Appendino in effetti le facce d’attrici le hanno. Pure De Magistris, anche se da caratterista. Ma il fascino discreto dei sindaci, tranquilli, non è quello dei primi cittadini recentemente eletti. No, è lo strano protagonismo cinematografico di questo ruolo che peraltro occupa la commedia, ma non solo. Ne La vita in comune, infatti, c’è un significato uno e trino. Quello dell’immaginaria Disperata, il Comune dove tutti contestano il sindaco. Quello del primo cittadino stesso, volontario in carcere, con due bizzarri farabutti. Quello del regista Edoardo Winspeare e dell’attrice Celeste Casciano – qui la pugnace Eufemia – che nella realtà sono sposati. Un’opera d’autore leggera e profonda. Demenziale e geniale è Omicidio all’italiana: ad Acitrullo, altro comune immaginario, sindaco e vicesindaco (Maccio Capatonda e Herbert Ballerina), trovano in una tragedia la possibilità di rendere celebre il proprio paese. Altro che Cogne. Una bella bacchettata parodistica alla società dello spettacolo (non perdetevi Sabrina Ferilli qui mattatrice del programma Chi l’ha acciso). Infine L’ora legale: Ficarra e Picone sono alle prese con il peggiore dei nemici, un sindaco irriducibilmente onesto. In un paese ontologicamente corrotto, può diventare un problema. Serio.

Sì, viaggiare. Anzi, partire

On the road. Perché a volte non è arrivare, ma l’importante è il viaggio. Lo scopre quel talentaccio vero di Nicola Nocella, capace come pochi di essere drammatico e malinconico, protagonista di Easy di Andrea Magnani, che dai go kart passa a un trasporto funebre nei Carpazi. E con un morto accanto forse trova il senso della vita. Almeno della sua.
Non è un paese per giovani di Giovanni Veronesi parte dalla sua omonima trasmissione radiofonica su Radio 2 e arriva fino a un triangolo sentimentale a Cuba: perché in quelle centinaia di migliaia di giovani italiani che scappano dalla penisola con rabbia, malinconia, nostalgia e voglia di ricominciare, non ci sono solo cervelli in fuga, ma anche cuori (e anche qui trovate Sara Serraiocco, una delle sorprese di questo 2017). In Chi m’ha visto la fuga è di un musicista “che ha talento, ma non la faccia”. E che decide di fottere tutti fingendosi scomparso, in un casale pugliese. Grazie alla tv, al ricordo di amici e parenti, alla centralità mediatica, la sua assenza diventa il modo per vedere riconosciuto ciò che si è. Negandosi al mondo, però, e finendo per essere ostaggio di ciò che si è creato e costretti a guardarlo in tv (ottima la coppia Favino-Fiorello, diretta da Alessandro Pondi). Ferzan Ozpetek in Rosso Istanbul racconta uno scrittore che torna nella sua Istanbul e ricorda il suo passato, mentre A casa di Antonio Albanese propone una soluzione per il futuro, tra Milano e Senegal: ognuno di noi si porti a casa un migrante, e il problema è risolto (niente male il soggetto del ritorno alla regia di quest’artista, dopo 13 anni). Ne Il padre d’Italia di Fabio Mollo, cineasta giovane e di ottime speranze, due estranei uniti dal destino cercano il padre di un figlio che deve ancora nascere. De Il primo giorno della mia vita sappiamo solo che Paolo Genovese lo girerà all’estero. Dulcis in fundo, Sembra mio figlio di una delle nostre migliori registe, Costanza Quatriglio, viaggio tra Oriente e Occidente che farà ritrovare una madre e i suoi figli. E visto il talento di lei e il cast internazionale del film, è anche la nostra scelta. Viaggiare, partire, viaggiare, non fermarsi mai come in Marco Polo di Lorenzo.

Adolescenti

Dopo anni in cui abbiamo lasciato i teenager agli americani, proviamo a riprenderceli. Classe Z è un altro mattone di una nuova carriera, più pop, di Guido Chiesa, che qui racconta un preside e degli alunni troppo outsider in una guerra senza quartiere, in uno di quei college movie che qui raccontiamo poco. Anzi, mai, perché la scuola preferiamo mitizzarla o al massimo passarla per la trafila della retorica e del patetismo. Il ragazzo Invisibile 2 è il ritorno al genere supereroistico di Gabriele Salvatores ma anche di Indigo: in Italia si può affrontare ogni genere cinematografico, a patto che ci credano pubblico e produttori. Insomma, con un po’ di emozione possiamo dire che arriva la nostra prima saga con i superpoteri. Indigo crede fermamente nel pubblico teen e lo dimostra anche con Tutto per una ragazza, storia d’amore tra Roma Nord e skateboard di periferia, con Jasmine Trinca a fare un po’ l’irresistibile fricchettona (quest’anno ci stupirà insomma) e destinata a diventare addirittura nonna, e con la giovane coppia Tersigni-Ramella a farci sorridere e un po’ commuovere. Bravi tutti, ma è Luca Guadagnino che aspettiamo con più ansia: fosse solo perché Chiamami col tuo nome è il flashback di un amore. Di un diciassettenne per un ventiquattrenne, tratto dallo splendido romanzo di André Aciman e diretto da un regista molto rock, seppur spesso maltrattato da critici e addetti ai lavori.

Le strane coppie

Lo sappiamo: un duo ben assortito, soprattutto se imprevedibilmente, può regalarti sorprese speciali. Come quello di Francesco Bruni in Tutto quello che vuoi, che vede i protagonisti separati all’anagrafe da ben 60 anni. Senza nulla togliere ad Andrea Carpenzano, non stiamo nella pelle per Giuliano Montaldo nelle vesti di attore. Insieme cercheranno qualcosa di speciale e perduto. Questione di Karma: Elio Germano e Fabio De Luigi, il rampollo di una dinastia di capitalisti e un traffichino spiantato. Edoardo Falcone di strane coppie se ne intende (vedi il fortunatissimo Se Dio Vuole, che ha vinto il David per il miglior regista esordinete), quindi ci sarà da divertirsi. In Lasciati andare uno che di solito fa il solista, Toni Servillo, si ritrova psichiatra che fa coppia con una personal trainer, la bellissima Veronica Echegui. Difficile anche solo immaginarli insieme, nel film li troviamo insieme a Luca Marinelli e Carla Signoris. Dove non ho mai abitato non è solo il ritorno di uno come Paolo Franchi, che ha un modo di fare, pensare e realizzare cinema spiazzante e geniale, spesso troppo per essere compreso a pieno: Fabrizio Gifuni, delfino ambizioso, e Emmanuelle Devos, donna che torna da dove era stata sottratta, incuriosiscono insieme. Noi però ci facciamo incuriosire da Falchi di Toni D’Angelo. I due sbirri Fortunato Cerlino (il Pietro Savastano di Gomorra) e Michele Riondino sono troppo perfetti, sulla carta, insieme, perché possiamo perderceli.

Labirinti

Il mondo, e il cinema, è fatto di Labirinti. Quello di Francesco Cinquemani, con un supercast (tra i tanti Alec Baldwin e Michelle Ryan, Skin e Danny Glover) in Andròn-The Black Labyrinth è un ambizioso film di genere, tra paura e ricerca di salvezza. Quello di Alessandro Aronadio, regista arguto e talentuoso, è umano, tra surreale quotidianità e una giornata molto particolare, fatta di un fastidio uditivo e di un amico morto di cui non si ha memoria. Orecchie è una delle opere più curiose e interessanti uscite dallo scorso Festival di Venezia.
In questa categoria, la sorpresa è Andrea De Sica, nipote d’arte e già regista ambizioso e deciso. I figli della notte è un collegio che sa di Overlook kubrickiano, di Inland Empire Lynchano. E sì, c’è anche nonno Vittorio, nel gusto di percorrere il genere per fare cinema d’autore, anche se da un’angolazione completamente altra, ma anche nel percorrere, con una scena musicale ferocemente ironica, il melodramma. E c’è papà Manuel, nella colonna sonora pensata e composta da questo giovane regista esordiente. Qui i labirinti sono quelli della mente e del potere. I più affascinanti e pericolosi.

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