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Jessica Chastain e la sindrome della staccionata bianca

Pensate a un sistema che abbia come scopo quello di catalogare le ustioni causate dal fascino femminile: ecco, la protagonista di 'Molly's Game' è fuori scala.

Jessica Chastain e la sindrome della staccionata bianca

Foto IPA

Le ustioni possono essere di varia entità secondo l’intensità della temperatura, la durata del contatto e lo stato fisico della sostanza ustionante: solida, liquida, gassosa, Jessica Chastain.

Posto, infatti, un sistema di riferimento che abbia come scopo quello di catalogare le ustioni causate da una sovraesposizione al fascino femminile, quello esercitato dalle donne dai capelli rossi merita una menzione particolare. Esistono diverse unità di misura che regolano l’intensità di questo tipo di scottature, e in relazione alla gravità vengono distinte in tre gruppi:

ustioni Amy Adams, provocano dolore bruciante ma sopportabile, talora si resta avviluppati in una spirale di suggestioni: grossi orecchini dorati, pellicce, piccoli seni nervosi acquattati sotto camicie di seta, tailleur neri, pellicce. Guariscono spontaneamente e rapidamente senza lasciare cicatrici;

ustioni Julianne Moore, interessano lo strato superficiale della retina con un parziale coinvolgimento del cuore, stordimento da efelidi, guarigione lenta;

ustioni Christina Hendricks, distruzione delle terminazioni nervose, incontenibile impulso alla fornicazione in ambiente lavorativo. Gemiti tra gli schedari, scrivanie come alcove, moquette, carte da parati, palpiti fatti a bistecche, spinte pelviche, vigore, manette. La guarigione richiede tempi lunghi e lascia cicatrici permanenti.

Come si colloca Jessica Chastain, esile filo di rame di Sacramento (California), in questo campionario di ustioni? Per cogliere a pieno la peculiarità della sua bellezza dobbiamo parlare della sindrome della staccionata bianca, una sindrome rarissima che affligge alcune donne dai capelli rossi e che fa riferimento al fascino irrequieto che celano dietro all’ aspetto docile, vago, remissivo. La sindrome prende il nome dalla torbida sequenza iniziale del capolavoro di David Linch, Blue Velvet: la placida e rassicurante vita di quartiere della provincia americana, con le aiuole curate, le rose rosse che si stagliano sulla staccionata bianca, il cielo terso, l’orecchio mozzato nell’erba appena tagliata. È la follia sotto al coperchio, il preludio alla carneficina, la brezza prima dell’uragano.

Se Jessica Chastain è oggi una delle attrici più richieste di Hollywood, se Vogue España la definisce La mujer que el cine necesita, è perché tutte le storie hanno bisogno della staccionata bianca, ovvero di qualcuno dall’aspetto innocuo e rassicurante che possa, come fa un corriere della droga con gli ovuli di cocaina in pancia, portare oltre confine grossi quantitativi di erotismo, passione, sensualità sfrenata. Finita l’era delle maggiorate e delle protesi, la seduzione serpeggia nei dettagli, necessita di doppia lettura, adotta gli stilemi delle serie tv e viene somministrata a piccole dosi, in gustosissime monoporzioni. Le scapole di Keira Knightley, il neo di Eva Mendez, il prolabio di Rosario Dawson. “La carica del caffè, l’energia del cioccolato!”

Jessica è portatrice sana di tanti raffinatissimi dettagli che la rendono candida, letale e tagliente come un foglio di carta. Il verde ottanio degli occhi che si staglia su una pelle del colore della neve e di tutte le tonalità dell’alba, zigomi come dune desertiche, bocca grande per dare asilo politico a denti dritti e bianchissimi, labbra in perenne fioritura, naso dritto dalla deliziosa e improvvisa punta. E poi i capelli, un agrumeto da pettinare.

Nel duemiladieci Al Pacino porta sullo schermo Wilde Salomé, una storia di lussuria, avidità, vendetta, follia, perversione, desiderio. Nel ruolo di Salomé, Jessica è sensazionale. La scena della danza della Principessa (e qui arriviamo al punto, all’ustione grave) è la radiografia di un tumulto, una sommossa ormonale, l’anticamera di uno strano formicolio al braccio. Immersa in una luce purpurea, Jessica danza, si dimena, si contorce fino a perdere il drappo rosso che l’avvolge e resta a petto nudo davanti alle pupille sgranate di Erode. Costole in evidenza, seni pieni e scorbutici, capezzoli issati come bandiere della rivoluzione. Sbigottimento, secchezza delle fauci. Chi l’avrebbe mai detto? La ragazza è diventata donna, all’improvviso, davanti ai nostri occhi.

Jessica Chastain è la cristallizzazione di una pubescenza senza fine, sempre sul punto di sbocciare, sempre sul punto di svanire.

Non è un caso che registi particolarmente affezionati al tempo (Terrence Malick e Christopher Nolan) abbiano scelto Lei per dilatarlo, comprimerlo, evocarne lo spirito. La mamma di Tree of Life è la mamma come resta per sempre nella nostra memoria: giovane, medicamentosa, emolliente, eterea. Murph di Interstellar, prima bambina, poi adulta, occhi grandi e languore quadrimensionale.

Verranno altri film, altri ruoli, Jessica mozzerà altri fiati, e continuerà ad ardere, senza bruciarsi mai, perché è questo il destino di una fiamma. La staccionata che divide Paradiso e Inferno è sempre bianca.
Dio ha appeso un cartello. Il cartello dice: Non toccare, la vertigine è ancora fresca.

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