“Piemonte Calcio” e la disfatta dei nomi in licenza | Rolling Stone Italia
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“Piemonte Calcio” e la disfatta dei nomi in licenza

Il nome che avrà la Juventus nel prossimo Fifa 20 è solo l'ultimo dei problemi di un mercato, quello delle licenze, che ci ha regalato perle di cui avremmo fatto volentieri a meno

“Piemonte Calcio” e la disfatta dei nomi in licenza

eFooball PES 2020 disporrà della licenza esclusiva della Juventus. Un colpo al cuore per tutti i giocatori di Fifa.

Piemonte Calcio. Piemonte Calcio, cazzo, manco fosse un film con Lino Banfi. Una nuova squadra, senza una storia, senza una bacheca piena di trofei, senza tifosi. Una nuova squadra che farà il suo debutto in un palcoscenico importante, il più importante a livello calcistico videoludico, FIFA 20. E non lo farà in sordina, ma andando a sostituire la più amata/odiata d’Italia, la Juventus. È una storia di licenze e di esclusive. Ieri è toccato a un gioco (in PES 2019 c’era la PM Black White) domani toccherà all’altro. Strano? Certo. Insolito? Non proprio. I videogiochi sportivi non sono infatti nuovi a situazioni del genere. E a molte altre ancora. Ad aneddoti legati al “gioco che porta sfortuna” all’atleta di copertina. A persone non gradite, la cui esistenza viene mascherata. Nomi inventati. Nomi che incutono timore. Nomi che non ci sono, ma che ci dovrebbero essere. C’è un po’ di tutto, come vedremo.

Come hai detto di chiamarti?

Le licenze costano. A volte poco, altre volte tanto. Troppo. In alcuni casi, non è poi solo una questione di soldi. In alcuni casi, entrano in gioco le esclusive. E quando ci sono di mezzo le esclusive, c’è poco da fare. Bisogna ingegnarsi, trovare la soluzione “meno peggio”, inventarsi qualcosa. Bisogna creare un connubio tra nome e fattezze fisiche che sia riconoscibile. Fantasia è la parola d’ordine. E fantasia sia. E così capita, per anni, di vedere in PES/ISS scontri tra nazionali che, oltre a divertire sul campo, strappano più di un sorriso. Un classico Italia – Brasile in cui da un lato abbiamo Buffon, Maldini, Nesta, Del Piero e Totti. E dall’altro (vi sfidiamo a indovinare le controparti reali) Dirda, Roberto Larcos, Ravoldi, Esermon, Leopardo e Ramorio. E poi si prosegue con le invenzioni, con Batutista, Chavilert, Nazetti, Zaromano e tutto un elenco di calciatori sudamericani che sembrano usciti dal gioco “scambia una sillaba”. Cambiamo sport, ma non abitudine, spostandoci al tennis. Lo spettacolare Super Tennis (già citato qui https://www.rollingstone.it/arcade/focus-on/la-parabola-dei-giochi-di-tennis/465879/) vede una versione riveduta e corretta del meglio del meglio della prima parte degli anni ’90, sia in ambito maschile (Wagasi e Lendou, Edobou, Sample e MacKun) che femminile (Gurafe, Selese, Capria, Saba, Sancha). Anche in questo caso, indovinare le controparti reali non è un’impresa ardua. Dalle storpiature alle complete invenzioni il passo è breve, come dimostra London 2012. Il gioco ufficiale (già, ufficiale) delle Olimpiadi propone una struttura multi evento con diverse discipline, tutte con atleti rigorosamente sconosciuti. Ma cosa volete che sia, se c’è l’atmosfera olimpica. In fondo, sfidare Kaul Patz nei 200 metri non è forse emozionante come affrontare Usain Bolt? Oppure battere Joeri Donsu non è esaltante come sconfiggere César Cielo Filho dopo un estenuante 100 metri stile libero? No. La risposta a queste due domande, è no. Lo sappiamo.

Le Olimpiadi sono un grande evento. Certo che affrontare avversari reali renderebbe il tutto ancora più esaltante.

La maledizione di Madden

Pensate a questo scenario. Siete sportivi al top della carriera. Giocate a football americano e siete una stella della NFL. Sfoggiate già orgogliosamente l’anello che solo i vincitori del Super Bowl ricevono. Magari avete stabilito qualche record. Qualunque sia la vostra situazione, tutti vi vogliono, tutti vi cercano. Squilla il telefono e il vostro agente, esaltatissimo, vi comunica una cosa. Siete stati scelti come uomo copertina del nuovo videogioco della serie Madden di EA! Un attimo di gioia, in fondo si tratta pur sempre di un blockbuster, poi un pensiero. E un altro. E un altro ancora. Che siate da soli o in compagnia, la vostra mano si dirige rapidamente sulle parti basse, e le afferra in uno dei più antichi gesti scaramantici. Perché lo sapete bene. C’è la maledizione di Madden. Sarà superstizione, sarà un caso, ma nella storia del titolo EA, 16 giocatori su 22 hanno visto la propria stagione “in copertina” falcidiata da infortuni e da prestazioni (infinitamente) sotto la media. Una percentuale elevata anche per uno sport in cui il rischio di farsi male è all’ordine del giorno. Si parte nel lontano 1999 con Garrison Hearst, stella del San Francisco 49ers. Due partite e una terribile frattura alla caviglia che, in seguito ad alcune complicazioni, lo ha tenuto fermo per due (sì DUE) anni. Particolari gli eventi l’anno successivo, con il leggendario Barry Sanders, che doveva apparire in copertina, che decide improvvisamente di ritirarsi. Brutti ricordi anche per Micheal Vick che, in procinto di approdare su Madden NFL 2004, si frattura il perone destro durante una partita di pre-stagione (11 incontri persi in campionato). Non è andata meglio a Donovan McNabb, tormentato da un infortunio all’inguine e da problemi al menisco e al legamento crociato anteriore destro. Due infortuni che gli sono costati buona parte della stagione 2005. L’elenco potrebbe proseguire ancora, ma direi che abbiamo reso l’idea. In questo caso, invece del proprio nome, forse sarebbe meglio usarne uno di fantasia…

Se fossimo superstiziosi, diremmo che ci vuole molto coraggio per “concedersi” in licenza per la copertina di Madden.

Il lato oscuro del baseball

Pete Rose, un nome che tutti gli appassionati di baseball conoscono. In una carriera che si è protratta per quasi venticinque anni, il buon Pete ha macinato battute su battute, fino a stabilire un record difficilmente superabile: 4256 valide. Un esempio di longevità e qualità, che ha unito i riconoscimenti personali (nominato diciassette volte All-Star) alle vittorie di squadra (tre World Series). Insomma, a tutti gli effetti un personaggio leggendario. Già, leggendario, ma non solo in positivo. Anzi, così leggendario anche in negativo da diventare un soggetto da citare il meno possibile. Scomodo, talmente scomodo che la MLB (Major League Baseball) si rifiuta anche solo di nominarlo. Perché tutto questo? Semplice. Perché una volta finita la carriera di giocatore, diventato allenatore dei Cincinnati Reds, il buon Pete ha avuto la brillante idea di scommettere sulle partite della sua squadra. Beccato “con le mani nella marmellata”, è stato squalificato a vita. Salvo amnistie che non sembrano essere all’orizzonte, Pete non entrerà mai nella Hall of Fame. E non sarà mai presente in nessun prodotto su licenza MLB. Questo vale, ovviamente, anche per i videogiochi. Ecco perché, ad esempio, in MLB The Show 19, nella schermata dei record, di fianco al numero 4256 non troviamo il suo nome, ma un generico “Cincinnati Reds”. Discorso differente, ma analoga soluzione, per Barry Bonds. Il detentore dei record di fuoricampo (in singola stagione e all-time) non ha mai permesso che la sua immagine venisse riprodotta in un gioco e, dopo essere stato sostituito da giocatori inventati del calibro di Joe Young e Reggie Stocker (“stranamente” molto simili a lui fisicamente) ora che si è ritirato è diventato un generico “San Francisco Giants”.

Pete Rose e Barry Bonds, per motivazioni differenti, non compaiono in nessun gioco di baseball.

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